ROMA – Sono diventate cinque le decisioni della Cassazione che hanno bocciato il divieto di cumulo Inpgi 1 tra la pensione di anzianità di un giornalista e suoi redditi eccedenti i 22 mila 524 euro l’anno. Lo ha ribadito ieri, ancora una volta, la sezione lavoro della Suprema Corte, presieduta da Antonio Manna, con ordinanza n. 22170, che ha definitivamente dato ragione ad un giornalista bresciano in pensione che si era visto decurtare del 50% la sua pensione di anzianità sulla quota eccedente la franchigia ammessa dall’art. 15 del Regolamento Inpgi – Gestione Sostitutiva dell’Assicurazione Generale Obbligatoria.
Il verdetto dei supremi giudici è di notevole rilievo perché si aggiunge a quanto era stato già affermato nelle sue precedenti decisioni nn. 1098 del 2012, 19573 del 2019, 20677 del 2020 (punto 8.2 della motivazione) e 21470 del 2020, cioè che l’Inpgi 1, in base ad una serie di norme di legge tuttora in vigore a partire dalla legge Rubinacci del 1951 e dalla successiva legge Vigorelli del 1955, gestisce per i giornalisti lavoratori subordinati una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’Inps e deve, pertanto, applicare la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’Inps che consente la piena libertà di cumulo tra la pensione di anzianità ed altri redditi. Di conseguenza è stato disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’Inpgi 1, che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all’Ago.
In sostanza la Cassazione contraddice apertamente uno dei punti salienti della riforma approvata il 23 giugno 2021 dal Consiglio di Amministrazione dell’Inpgi e che è in attesa di convalida da parte dei Ministeri vigilanti del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Economia e delle Finanze. Proposta di riforma che, se divenisse operativa, sarebbe molto più penalizzante per i giornalisti rispetto ad oggi perché prevede di rimodulare il limite di reddito cumulabile con la pensione Inpgi 1, riducendo la franchigia ad appena 5.000 euro annui (cifra che è largamente inferiore rispetto ai 22.524 euro l’anno ammessi dall’attuale art. 15 del Regolamento Inpgi 1).
Va, tuttavia, sottolineato che in altre due decisioni del 2016, e precisamente le n. 8067 e 12671, la stessa Cassazione aveva invece affermato l’esatto contrario, convalidando in pieno la normativa dell’Inpgi 1 sul divieto di cumulo.
Normalmente di fronte ad una simile diversità di vedute sorta all’interno del “Palazzaccio” di piazza Cavour il “caso” doveva essere risolto da un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite Civili. Ma ciò, purtroppo, non è avvenuto.
Le residue speranze dell’Inpgi 1 per far risolvere la complessa questione dalla Cassazione a Sezioni Unite civili non sono, comunque, tramontate perché potrebbe essere ravvisato un nuovo possibile contrasto tra le 5 citate decisioni sfavorevoli per l’ente sul divieto di cumulo e l’ordinanza n. 22173 emessa proprio ieri sempre dalla sezione lavoro della Suprema Corte (presidente lo stesso Antonio Manna), che ha dato definitivamente ragione all’istituto, respingendo la richiesta di un giornalista ligure che aveva chiesto la restituzione delle somme trattenute dall’Inpgi 1 sulla sua pensione di anzianità in ottemperanza agli abbattimenti di cui all’art. 7 del Regolamento approvato con delibera del Consiglio di amministrazione dell’Istituto n. 144 del 17 giugno 1998.
Motivo: «tali abbattimenti, garantendo la prestazione pensionistica prevista dalla norma primaria e modulandone l’ammontare in modo da garantire il rispetto degli obblighi di equilibrio finanziario della gestione, risultano pienamente compatibili con il dovere di coordinamento di cui all’art. 38 della legge sull’editoria n. 416 del 1981, costituendone precisamente un inveramento relativamente al periodo che qui è in contestazione, anteriore all’entrata in vigore dell’art. 19, comma 18 – ter, del decreto-legge n. 185 del 2008».
In ogni caso la delicata questione che può incidere pesantemente sul bilancio dell’Inpgi 1 potrebbe (o, meglio, dovrebbe) essere affrontata anche dalla speciale Commissione tecnica istituita a Palazzo Chigi dall’art. 67, comma 9 quinquies, della legge del 23 luglio 2021 n. 106 di conversione del decreto-legge Sostegni bis del Governo Draghi, che dovrà trovare entro il 20 ottobre prossimo tutte le possibili soluzioni per riequilibrare nel più breve tempo possibile i conti dell’ente di via Nizza a Roma che si trova oggi in una grave crisi di liquidità.
Nell’ambito del salvataggio dell’istituto non si può quindi escludere che, su proposta proprio della speciale Commissione tecnica, il Governo possa varare entro l’anno un’apposita norma di legge che introduca esclusivamente per l’Inpgi 1 – unico ente previdenziale privatizzato sostitutivo dell’Inps – un divieto di cumulo più restrittivo di quello attualmente in vigore, prendendo le distanze dalla normativa di legge in vigore per l’Inps.
In caso contrario, se, invece, i Ministeri vigilanti ratificassero la delibera del Consiglio di amministrazione del 23 giugno 2021, tutti i giornalisti pensionati e/o prepensionati che ne fossero colpiti potrebbero ricorrere al tribunale del lavoro in ogni parte d’Italia e l’Inpgi 1 rischierebbe un flop perché non solo non incasserebbe praticamente nulla, ma dovrebbe addirittura rimborsare anche le spese legali alle controparti in causa. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Roesler Franz
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