CAMPOBASSO – Carta di Milano, carta di Roma, diritto all’oblìo possono essere temi di routine per la formazione professionale continua. Invece a Guglionesi, l’Ordine dei Giornalisti del Molise è riuscito a trasformarli in un corso davvero unico. In presenza, i colleghi dell’Odg Molise, hanno unito le esperienze del garante regionale dei detenuti, Leontina Lanciano, quelle del direttore della casa circondariale di Larino, Rosa La Ginestra, quelle di un collaboratore di giustizia, ovviamente con volto coperto, quelle di alcuni ospiti del centro di recupero Iktus, facendo diventare l’evento formativo una sinergia tra le istituzioni.
Guidata dal collega giornalista don Benito Giorgetta, dal penalista e pubblicista Vincenzo Notarangelo, dall’esperto collega lavoratore in Sprar Aldo Spedalieri e dall’ex consigliere nazionale Pietro Eremita, la lezione ha visto ex detenuti recuperati parlare della loro esperienza con relative interviste da parte dei colleghi.
Un corso emozionante, con giornalisti di Molise, Abruzzo, Puglia, Basilicata, curato dal presidente regionale Vincenzo Cimino, dal tesoriere Andrea Nasillo, dal consigliere Pino Cavuoti, dal revisore Valentina Cocco, all’interno della cappella del centro di recupero.
Toccante una testimonianza che la dice lunga su come il giornalismo influisca anche sui rapporti tra famiglie dei pregiudicati e latitanti: «Facevo parte di Cosa Nostra da ragazzino. Vivevo nel quartiere Brancaccio a Palermo. Per chi abita in quella realtà, in quell’ambiente, è come un bagaglio che ti porti dietro, anche se è frutto di una scelta».
Oppure: «Sono stato in carcere quando ero minorenne e ne sono uscito arrabbiatissimo. Poi ho deciso di tagliare i ponti con il passato. Oggi, a 50 anni, ho finalmente un contratto di lavoro. Ho recuperato il rapporto con la mia famiglia, mio figlio si è laureato. Ne sono orgoglioso». E ancora: «È cambiato tutto. Quando ero latitante, dormivo vestito. Non esistono persone più sole dei malavitosi. Oggi ho recuperato me stesso e la mia vita. Mentre commettevo reati speravo di essere fermato, arrestato, sapevo che prima o poi lo avrebbero fatto. La stampa e la notorietà mi rendevano forte, potente, popolare, ma ero soltanto un uomo solo, un disperato, senza valori, dedito alla ricerca del guadagno facile, un ragazzo violento condizionato da quell’ambiente che comunque ti avvolge… Ora mi sento un uomo e ho recuperato anche il rapporto con la mia famiglia. La stampa? Potrebbe aiutarci di più». (giornalistitalia.it)