Conti alla mano con il retributivo l’Istituto avrebbe risparmiato nel 95% dei casi

Pensioni Inpgi: la bufala del contributivo

ROMA – «L’applicazione secca del sistema contributivo sarebbe stata un danno per l’Inpgi. Con l’ultima riforma abbiamo, comunque, anche rivisto la determinazione della media retributiva, con effetto retroattivo dal gennaio 2007. Questa misura ha comportato un risparmio incrementale su tutte le nuove pensioni di circa 1,2 milioni di euro all’anno, con effetto moltiplicatore per ogni annualità futura».

Pierluigi Roesler Franz

Il 18 giugno 2019, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione Bicamerale sugli Enti di Previdenza Privatizzati, il presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, spiegava così i vantaggi che l’Istituto avrebbe continuato ad avere mantenendo il sistema retributivo per il calcolo delle pensioni. L’analisi è contenuta in un dossier sugli aspetti inerenti la grave situazione economica dell’Ente, nel quale viene spiegato dove é andata a finire la categoria giornalistica.
Si tratta di un documento antologico consegnato al Senato da Marina Macelloni, ascoltata assieme al direttore generale Mimma Iorio ed al presidente del Collegio Sindacale, Vito Branca. Un dossier che fotografa lo stato dell’arte dell’Inpgi e della categoria che ogni giornalista dovrebbe leggere. In particolare, da pagina 7 a pagina 10, viene spiegato in ogni dettaglio perché nel 95% dei casi il calcolo della pensione con il sistema retributivo é stato molto più conveniente per l’Inpgi rispetto al calcolo della pensione con il sistema contributivo.

Marina Macelloni e Mimma Iorio, presidente e direttore dell’Inpgi (foto Giornalisti Italia)

In pratica viene smentito quanto, ancora oggi, sostenuto a vanvera da molti commentatori ed “esperti” che continuano a difendere a spada tratta la tesi contraria. Dunque, prima di alimentare confusione e/o fake news, o aprire bocca soltanto per dare fiato, è consigliabile documentarsi sempre e a fondo, soprattutto in materie molto complesse come il sistema previdenziale dell’Inpgi 1 definito, nel 2008, dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione, supremo organo interpretativo del diritto in Italia, un unicum nel sistema previdenziale del nostro Paese.
Come già ipotizzato nel 2019, la situazione dell’Inpgi 1, a causa della disattenzione della politica, si é ulteriormente aggravata, cosicché dal 1° luglio 2021 l’ente di via Nizza, che assicura la pensione ai giornalisti lavoratori subordinati, rischia concretamente il commissariamento.
Nell’audizione è stato evidenziato che «successivamente alla privatizzazione, cioè nel periodo tra il 1998 e il 2016, l’ente ha varato cinque riforme che, attraverso un sistema di riduzione dei rendimenti pensionistici, hanno determinato un progressivo irrigidimento dei requisiti di accesso ai trattamenti e l’adozione di criteri di calcolo meno vantaggiosi per gli iscritti. Tenuto conto della struttura della base contributiva e dei livelli retributivi della categoria, che una volta erano medio-alti, si è agito in modo mirato per evitare fenomeni distorsivi che, per esempio, si sarebbero verificati con l’applicazione tout court del sistema contributivo».
Nella relazione integrale viene dimostrato che «fino al 2015 (quando cioè nel sistema generale è stata introdotta la clausola di salvaguardia a tutela degli enti che prevede che, in un sistema misto, contributivo-retributivo, al pensionato venga attribuito il trattamento meno vantaggioso tra i due), dunque senza l’introduzione di tale clausola, la mera applicazione del contributivo alla nostra platea avrebbe comportato maggiori oneri».
«Da quando è stata introdotta la clausola, quindi dal 2015, anche noi – ha spiegato la Macelloni – abbiamo potuto applicare il regime contributivo, che infatti è stato introdotto con l’ultima riforma, nel 2016. A riprova di ciò che ho appena detto, abbiamo l’esame dei primi due anni di applicazione della riforma, che quindi vedono pensionati andare in pensione con il sistema in parte retributivo e in parte contributivo.
Praticamente tutti i trattamenti che abbiamo erogato con questo sistema, negli ultimi due anni, li eroghiamo con il retributivo, perché costa meno dell’applicazione del contributivo. Ciò vuol dire che, effettivamente, su una platea con i redditi composti come i nostri, l’applicazione secca del contributivo sarebbe stata un danno per l’ente. Con l’ultima riforma abbiamo comunque anche rivisto la determinazione della media retributiva, con effetto retroattivo dal gennaio 2007. Questa misura ha comportato un risparmio incrementale su tutte le nuove pensioni di circa 1,2 milioni di euro all’anno, con effetto moltiplicatore per ogni annualità futura». (giornalistitalia.it)

Pierluigi Franz

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La Relazione Inpgi del 18 giugno 2019
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