ROMA – Due anni dopo il via libera di Bruxelles, anche l’Italia recepisce nel proprio ordinamento la direttiva Ue sul copyright. Un passaggio storico per imprese e autori, che per anni, dalla nascita delle grandi piattaforme web, hanno protestato per il mancato pagamento dei diritti per lo sfruttamento delle loro opere.
Il via libera definitivo è arrivato dal Senato, con il sì alla legge di delegazione europea che contiene appunto la direttiva per la tutela del diritto d’autore e diritti connessi al mercato unico digitale. Ora saranno i decreti attuativi governativi, che devono essere approvati entro il 7 giugno, a definire i dettagli.
«È il giusto riconoscimento al valore dell’industria creativa nazionale, che supera le contrapposizioni tra gli operatori over the top e i produttori di contenuti per arrivare a una sintesi capace di fare del digitale uno strumento di crescita per tutti, tutelando gli autori e promuovendo la loro opera», sottolinea il ministro della Cultura, Dario Franceschini.
«Siamo tra i primi in Europa a legiferare sulla direttiva relativa al copyright, un giusto equilibrio fra diritti degli utenti, esigenze delle piattaforme e sostegno dell’editoria», aggiunge il sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola.
La norma, approvata il 15 aprile 2019 con il voto contrario dell’Italia e altri cinque paesi, ha già prodotto alcune correzioni di rotta da parte delle piattaforme, a partire da Google, e accordi con gli editori, in particolare in Francia, primo paese ad approvarla.
Primi passi, secondo le associazioni di categoria, che ora chiedono al governo interventi in grado di garantire i giusti introiti a chi realizza l’opera.
La normativa prevede la possibilità per gli editori di negoziare accordi con le piattaforme come Google o Facebook per farsi pagare l’utilizzo dei contenuti e che gli introiti siano condivisi con i giornalisti.
I link restano liberi e gratuiti e gli utenti non rischiano sanzioni per aver caricato online materiale protetto da copyright non autorizzato: la responsabilità è infatti delle grandi piattaforme (con minori obblighi per le piccole e le start up), senza però nessuna obbligatorietà di filtri ex ante. “Salvi” anche Wikipedia, meme, gif, parodie, citazioni, critiche, pastiche, recensioni, cloud e software in open source.
L’articolo 15, in particolare, dà agli Stati membri il compito di assicurarsi che i giornalisti creatori di contenuti, ricevano una quota adeguata dei proventi ottenuti dai loro editori.
L’articolo 17 impone che la piattaforma di aggregazione debba sempre ricevere un’autorizzazione alla pubblicazione da parte dei titolari del diritto d’autore di quel contenuto. Nel caso in cui un contenuto protetto da copyright venga pubblicato senza autorizzazione, la responsabilità della violazione è della piattaforma e non dell’utente.
Di “risultato importante” parla il presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, che chiede al governo di procedere spedito verso l’implementazione di “un meccanismo di negoziazione effettiva per la remunerazione degli articoli dei giornali e una definizione di “estratti brevi” che non vanifichi lo spirito della Direttiva». (ansa)
Via libera definitivo dal Senato, un passaggio storico per imprese e giornalisti