Il rapporto annuale di Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa nel mondo

Sono 50 i giornalisti assassinati nel 2020

ROMA – Sono 50 i giornalisti uccisi nel 2020, 937 negli ultimi dieci anni. È la denuncia di Reporter senza frontiere (Rsf), che nel suo rapporto annuale sulla libertà di stampa evidenzia come la grande maggioranza dei reporter sia stata deliberatamente uccisa perché indagava su argomenti quali corruzione, criminalità organizzata o degrado ambientale. Molti sono stati uccisi mentre coprivano proteste o manifestazioni. A questi si aggiungono centinaia di giornalisti in tutto il mondo morti a causa del Covid-19, nonostante non sia possibile determinare quanti di loro sono stati infettati a causa della professione.
Per chi lavora nel settore del giornalismo, i paesi più pericolosi nel 2020 sono stati Iraq, Afghanistan, India e Pakistan. Primo fra tutti però, con 8 morti, rimane il Messico, dove coloro che indagano sui legami tra cartelli della droga e politica sono particolarmente a rischio. Mentre l’esecuzione di Ruhollah Zam in Iran del 12 dicembre, afferma Rsf, ha segnato la prima condanna a morte a un operatore dei media in 30 anni.
In Iraq, dove sono stati uccisi sei rappresentanti dei media, sconosciuti hanno ucciso a colpi di arma da fuoco diverse persone che riferivano delle proteste contro il governo. In Afghanistan, rimangono sconosciuti i responsabili dell’omicidio di almeno cinque operatori dei media. E la situazione qui è particolarmente minacciosa anche per le donne, come dimostrato dall’omicidio di una presentatrice televisiva che aveva sostenuto la campagna per una loro più adeguata protezione nel settore. (adnkronos/dpa)

Julio Valdivia Rodriguez

Secondo Reporter senza Frontiere i giornalisti che quest’anno hanno perso la vita in Paesi non in guerra sono stati 34, pari al 68% del totale.
La percentuale di giornalisti uccisi nelle zone di guerra, intanto, continua a diminuire: dal 58% nel 2016 al 32% quest’anno. Si tratta di Paesi come la Siria e lo Yemen oppure di «aree afflitte da conflitti di bassa e media intensità», come l’Afghanistan e l’Iraq.
Il Messico è il Paese che ha registrato il maggior numero di morti (8), seguito da India (4), Pakistan (4), Filippine (3) e Honduras (3).
Ben l’84% dei giornalisti uccisi nel 2020 è stato consapevolmente preso di mira e deliberatamente eliminato, ha osservato l’organizzazione, contro il 63% nel 2019.

Victor Fernando Alvarez Chavez

Alcuni giornalisti sono stati assassinati in modo «particolarmente barbaro», prosegue Reporter senza Frontiere, come il messicano Julio Valdivia Rodriguez del quotidiano El Mundo de Veracruz trovato decapitato nell’est dello Stato, e il suo collega Victor Fernando Alvarez Chavez, direttore di un sito di notizie locale, fatto a pezzi ad Acapulco.
Quasi 20 giornalisti investigativi sono stati uccisi quest’anno: dieci indagavano su casi di corruzione locale e appropriazione indebita di fondi pubblici, quattro si occupavano di mafia e criminalità organizzata e tre scrivevano di temi legati alle questioni ambientali.
L’organizzazione cita anche la morte di sette giornalisti che seguivano manifestazioni in Iraq, Nigeria e Colombia. (ansa/afp)

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