BRESCIA – Era il 2013 quando Stefano Pietta, 36enne bresciano, decise di aprire una web radio tutta sua: Steradiodj. Fu l’inizio di un lungo percorso culminato nell’ottobre di quest’anno con la “nomina” a giornalista pubblicista ad honorem per la sua attività e il suo impegno nel mondo dell’informazione da parte dell’Ordine della Lombardia presieduto da Alessandro Galimberti, artefice dell’iniziativa.
Nato prematuro, Stefano convive ogni giorno con una tetraparesi spastica, la racconta e condivide temi sulla disabilità (e non solo) con i suoi ascoltatori direttamente dalla sua camera, sulla carrozzina che chiama «il mio trono».
La sua radio ha una regolare licenza Siae e funziona 24 ore su 24, così come la sua mente, sempre alla ricerca di nuovi contatti e nuove idee.
Come sei passato dal fare l’allenatore di calcio a Steradiodj?
«Il calcio è da sempre la mia passione. Quando il mio insegnante di Scienze motorie mi chiese di far parte del suo progetto, accettai immediatamente. Ho dovuto smettere per questioni logistiche. Alzarmi la domenica mattina per andare alle partite col freddo, coinvolgere sempre qualcuno per accompagnarmi in auto, era tutto molto complicato».
Come e quando sei diventato giornalista?
«Una testata giornalistica bresciana online mi ha notato sui social e ha avanzato all’Ordine dei giornalisti della Lombardia la proposta di farmi diventare giornalista pubblicista ad honorem. Ai primi di ottobre l’Ordine si è riunito e ha accettato la proposta. Per me rappresenta un traguardo importante perché è una professione che mi ha sempre appassionato e sono sempre aperto a scambiare opinioni con altri giornalisti».
Come è nata l’idea di creare una radio?
«È nata dalla mia passione per la comunicazione. Soprattutto comunicazione verbale, perché a scrivere mi stanco parecchio. Il filo che lega il calcio alla radio è proprio la comunicazione. Steradiodj è un progetto a cui pensavo da tempo, ma prima di poterlo realizzare avevo bisogno dell’appoggio dei miei genitori. Questo perché la mia camera è il mio studio e quando intervisto qualcuno mi fa piacere invitarlo a casa e parlare dal vivo, ad eccezione di questo periodo in cui è tutto a distanza. Quando ho raccontato loro del mio progetto, la felicità si è trasformata in lacrime. Vedendomi commosso, non potevano dirmi di no. Anche se non l’avrebbero fatto comunque, perché mi appoggiano sempre. E li ringrazio per questo».
Quali temi vengono affrontati? Si parla solo di disabilità o anche di temi di diverso genere?
«Inizialmente i temi principali erano la disabilità, l’inclusione e il sociale in generale. Poi in sette anni qualcosa è cambiato: oggi faccio intrattenimento radiofonico a tutti gli effetti, quindi spazio anche su altri temi come libri, sport, attualità, musica. La radio è a flusso continuo, trasmette h24 tutti i giorni e tutte le notti. Tra l’altro ho appena lanciato tre nuove rubriche».
Cosa c’è nella tua playlist in questo momento? Qualche cantante emergente ti ha colpito in particolare?
«A me piace la musica italiana perché con la lingua inglese non mi ci trovo molto e se non posso cantare il testo della canzone non mi diverto. Per questo, anche su Steradiodj la musica che trasmetto è principalmente italiana. Ma cerco di andare incontro alle richieste di tutti: se un ascoltatore in diretta esprime il desiderio di ascoltare una canzone in particolare lo accontento. Ci tengo a precisare che si tratta di materiale che mi viene fornito direttamente dalle case discografiche perché la radio ha una regolare licenza Siae. Di cantanti emergenti che mi piacciono ce ne sono tantissimi, come Chiara Lena, giusto per fare un nome».
Come ha influito Steradiodj sulla tua vita?
«Avere un canale radiofonico tutto mio, essere intervistato come state facendo voi ora per Giornalisti Italia, leggere articoli su di me e sul mio progetto, sono grandi soddisfazioni. L’aspetto negativo è che è parecchio impegnativo. Io sono una persona molto emotiva, quindi spesso vado in tensione. Quello che voglio fare lo penso io, lo devo creare e gestire tutto io. Devo sempre stare sul pezzo. Che poi non è poi la condizione tipica di ogni giornalista. Io non ho mai visto la mia disabilità come un peso, anzi l’ho sempre considerata un punto di forza. Ma, come tutti, ho i miei momenti no nel corso delle giornate. Per accantonare quei momenti, la radio è sicuramente un ottimo mezzo, oltre che una valvola di sfogo».
Il pubblico può interagire con la radio, come?
«Quando ho cominciato, uno degli obiettivi era avere un’interazione con chi mi segue e aumentare i miei contatti: l’ho sicuramente raggiunto e non voglio che finisca. Sono alla continua ricerca di contatti, di persone da intervistare. Che è la parte che mi piace di più. Mi piace scoprire, attraverso l’intervista, mondi nuovi. Ti arricchisce. Steradiodj vuole essere per me anche un modo per socializzare, nonostante la mia vita sia già molto attiva. Si può pensare alla persona con disabilità come ad una persona chiusa in casa davanti a un computer, ma io non sono solo questo».
Definisci la tua carrozzina “il mio trono”. Com’è il vostro rapporto?
«Il mio rapporto con il trono è vita, per me la carrozzina è la mia vita. Sono nato prematuro, quindi per me la condizione di disabilità è vita. Sarei anche potuto non nascere e non essere qui oggi a raccontarvi la mia storia. Per questo le sono grato. I problemi di accessibilità in Italia sono ovunque, dalla piccola barriera architettonica all’entrata della metropolitana. Se, quando sei in giro, guardi con attenzione la tua città, ti accorgi che una persona con disabilità, così come una mamma col passeggino, fa una grande fatica».
Il Covid-19 è un periodo difficile per tutti, ancor più per le persone con disabilità. Come lo stai affrontando?
«A dire la verità, bene. Tra lavoro e hobby sono abituato a stare a casa. Anzi, per la radio è stato un periodo molto fortunato perché le persone passano più tempo online. Ovviamente mi dispiace per la situazione generale».
Hai foto con molti personaggi noti, da José Mourinho a Ligabue. Come ti è capitato di incontrarli?
«Tanti li ho incontrati per caso, come Mourinho. Quando era allenatore dell’Inter sono andato al ritiro precampionato e ci siamo fatti una foto, era al primo anno quindi non era ancora la leggenda che poi è diventato, non immaginavo di aver incontrato l’allenatore più vincente della storia dell’Inter. Per quanto riguarda il resto, spesso si tratta di incontri organizzati, prima o dopo un concerto, con la radio ho la fortuna di essere in contatto con molti uffici stampa. Quelli che mi hanno lasciato qualcosa di speciale sono stati Malika Ayane, Jovanotti e Francesco De Gregori, che ho avuto addirittura la fortuna di intervistare. Molti di loro hanno registrato anche un jingle per la mia radio».
C’è un personaggio del settore musicale, sportivo o altri settori che ti ha ispirato particolarmente?
«Se parliamo di cantanti, sicuramente Ligabue, ho anche la tessera ufficiale del suo fan club. Se parliamo di altri personaggi, Alex Zanardi. Figurati per me, una persona con disabilità, con una radio che parla di disabilità, quale valore abbia incontrare e intervistare un mito della disabilità. Quando l’ho intervistato è stato molto disponibile, per questo quando ho saputo dell’incidente sono stato malissimo, perché lo considero un amico».
Se incontrassi lo Stefano di vent’anni fa cosa gli diresti?
«Non abbatterti mai e crea sempre qualcosa di nuovo. Sempre. Fai uscire il tuo spirito creativo e poniti degli obiettivi. Lo dico a Stefano, ma lo dico anche a tutti. Se avete delle difficoltà, l’unico modo per superarle è alzarsi la mattina con in testa l’obiettivo della giornata. Non dico che le difficoltà così spariranno, ma almeno le accantoni perché stai pensando a raggiungere il tuo obiettivo». (giornalistitalia.it)
Francesco Pieri