REGGIO CALABRIA – Non c’è la notizia? Inventiamola. Non abbiamo argomenti per difenderci? Gettiamo fango e spariamo nel mucchio per confondere le acque. La magistratura indaga su fatti specifici? Rispolveriamo il vecchio detto siciliano “se tutto è mafia, niente è mafia” e, utilizzando qualche fido collaboratore, tentiamo di accreditarci come cavalieri senza macchia e senza paura, salvatori della patria, cristi in croce, depositari del Verbo e della speranza nella città del nulla, sperando – appunto – che qualche allocco ci caschi.
E’ amaro prenderne ancora una volta atto: se la stampa è in braghe di tela non è, purtroppo, solo colpa della crisi, ma anche dal malvezzo di inviare “segnali” che nulla hanno a che vedere con l’informazione e il giornalismo.
Partiamo dal fatto non fatto. Un sito on line, non nuovo al sensazionalismo infondato – tanto da meritarsi l’ironia del web che gli ha dedicato un’esilarante parodia – diffonde la non notizia di un presunto inchino della Vara della Madonna della Consolazione, l’altra mattina, durante la processione sul Corso Garibaldi di Reggio Calabria davanti alla segreteria politica di un candidato sindaco.
Notizia assolutamente destituita di ogni fondamento, tant’è che nessun giornale degno di tale nome l’ha ripresa. E, ribadiamo, assolutamente destituita da ogni fondamento, non foss’altro perché – ironia della sorte – sabato mattina abbiamo assistito al passaggio della processione esattamente nel luogo indicato dal sito.
Una semplice sosta, come tante altre sul Corso Garibaldi, senza la minima rotazione della Sacra Effigie verso alcuna segreteria politica (tra l’altro, quella indicata era stata da poco superata e pochi metri più avanti ve n’è un’altra), né da parte della Vara, né dei portatori, la maggior parte dei quali – come si evince dalle foto diffuse dallo stesso sito – girano le spalle alla segreteria del candidato, peraltro arrivato sul posto all’ultimo minuto ed in tutt’altre faccende affaccendato. Considerato, poi, che in quel momento a coordinare i portatori c’era un noto politico (nell’occasione, naturalmente, nelle vesti di devoto) schierato sul fronte opposto a quello della segreteria “incriminata”, non serve soffermarsi oltre su una bufala di dimensioni pazzesche.
Una non notizia, dunque, che non meritava di essere riportata, né amplificata, come – ribadiamo – hanno ritenuto tutte le testate degne di tale nome. Tutte tranne l’emittente televisiva Reggio TV, quella per intenderci di proprietà del sindaco di San Procopio, assessore provinciale alla Legalità, biologo, medico chirurgo, conduttore del Salotto televisivo e del Teatro di casa sua, iscritto nell’elenco pubblicisti dell’Ordine dei giornalisti, docente di Etica della comunicazione all’Università per Stranieri di Reggio Calabria, Eduardo Lamberti Castronuovo.
Ieri, infatti, in apertura dell’edizione del telegiornale delle 14, con un servizio del direttore responsabile, Francesco Chindemi, Rtv ha elevato a notizia più importante del telegiornale quella che – per sua stessa ammissione – è “una notizia destituita di ogni fondamento”.
Il motivo è fin troppo semplice e lo si evince dalla conclusione del servizio: “…in un momento in cui tra le cronache giornalistiche anche della stampa che conta impazza ormai la moda dell’inchino a tutti i costi… ci si aspetta a questo punto un intervento, così come lo è stato per altri recenti episodi assurti agli onori della cronaca, anche da parte di chi vigila sul corretto operato dei giornalisti.
In particolare il sindacato della stampa cosa farà? Metterà al rogo il giornalista e i giornalisti che hanno diffuso questa notizia o verrà usato lo stesso metodo di giudizio già adottato nei confronti di chi aveva solo inteso aprire un democratico confronto coinvolgendo un intero paese in una pubblica piazza, fatta invece passare per un tribunale dell’inquisizione da tempi di caccia alle streghe. I giornalisti a questo punto attendono le determinazioni del segretario Parisi”.
E’ davvero imbarazzante rispondere a Francesco Chindemi, ma, visto che ci ha chiamati pubblicamente in causa, non ci esimiamo dal farlo. Intanto, Chindemi, da giornalista che ha sostenuto un esame di idoneità professionale e non da semplice iscritto all’Ordine, dovrebbe sapere che non spetta certo al Sindacato vigilare sul “sul corretto operato dei giornalisti”.
Il Sindacato si occupa della difesa della libertà di stampa, della tutela dei diritti e degli interessi dei giornalisti, funzioni che Chindemi conosce bene considerato che da questo Sindacato è stato sempre tutelato e aiutato (assieme a tutta la sua redazione), soprattutto in occasione della vertenza che fino a qualche mese fa vedeva il suo editore-sindaco-assessore alla legalità minacciare di cacciarli tutti. Lo stesso editore-sindaco-assessore alla legalità che deve ancora corrispondere due mesi di stipendi arretrati ai giornalisti che – seppur pagati a singhiozzo, nonostante gli stipendi part-time – si vedono aprire procedimenti disciplinari anche per la più banale delle contestazioni.
Quanto al goffo tentativo di sostenere che, se tutto è un inchino, gli inchini non esistono, innanzitutto un plauso ai colleghi ed alle testate che ignorano le notizie destituite di ogni fondamento.
Quanto, invece, ai comportamenti attinenti la sfera etica e deontologica della professione, Chindemi dovrebbe sapere che spetta al Collegio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti occuparsene, non certo al Sindacato che, comunque, in tempi non sospetti ha inviato all’Odg decine di segnalazioni relative ad iscritti che nulla hanno a che vedere con la professione giornalistica e ne utilizzano il tesserino al pari del distintivo dei club service.
Su San Procopio non vale neppure la pena parlare. Abbiamo già detto tutto, come dimostrano gli articoli facilmente consultabili su queste pagine, rammentando che sugli “inchini” la Procura antimafia reggina (e non la stampa) ha aperto quattro fascicoli sulle processioni di Oppido Mamertina, San Procopio, Scido e Rizziconi.
Quello che l’editore di Rtv e adesso anche il suo fido direttore non dicono, nel goffo tentativo – lo ribadiamo – di confondere le acque, è che il presunto inchino di San Procopio non è un’invenzione giornalistica, come nel caso di Reggio Calabria, ma la notizia giornalisticamente corretta dell’apertura di un’indagine della magistratura, confermata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, e corroborata da un’ulteriore inchiesta della Procura della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria che ha indagato l’editore di Reggio TV, nonché assessore alla legalità della Provincia di Reggio Calabria, Eduardo Lamberti Castronuovo, nella qualità di sindaco di San Procopio, per calunnia aggravata dalle modalità mafiose nei confronti del giornalista Michele Inserra, caposervizio della redazione di Reggio Calabria de “Il Quotidiano”. Michele Inserra, il giornalista che Lamberti Castronuovo ha additato al pubblico ludibrio semplicemente per aver fatto il proprio mestiere di cronista.
Dunque, non è certamente dal segretario Parisi che “i giornalisti” (tra l’altro, Chindemi dovrebbe specificare quali) devono attendere “determinazioni”. Chi si sente diffamato si rivolga alla magistratura, chi si sente danneggiato dal comportamento scorretto di un giornalista attivi immediatamente il Collegio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti. Chi sbaglia paga e non esistono sconti di sorta.
Per quanto ci riguarda, confermando piena e completa solidarietà ai tanti Michele Inserra messi all’indice da chi, spesso approfittando del proprio ruolo e dei propri mezzi, continua a mettere a rischio i giornalisti che svolgono seriamente il proprio mestiere, quali cronisti seri e non servi sciocchi del padrone di turno, confidiamo – come sempre – nella Giustizia, quella con la G maiuscola alla quale il popolo onesto guarda nella speranza che, finalmente, prevalga la Legalità. Quella con la L maiuscola.
Nel suo imbarazzante servizio, comunque, Chindemi una verità la dice: “impazza ormai la moda dell’inchino a tutti i costi”. Il problema è che non si è, purtroppo, reso conto nei confronti di chi.
Carlo Parisi