Non riconosciuta l’attività giornalistica di una dipendente dell’Agenzia per il lavoro

Inpgi: in Cassazione un’altra brutta sconfitta

ROMA – Un’altra brutta sconfitta per l’Inpgi in Cassazione. L’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, che una dozzina d’anni fa ha avviato un contenzioso con la società “Obiettivo Lavoro – Agenzia per il lavoro”, per il recupero di circa 22 mila 500 euro di contributi e sanzioni,  dopo tre gradi di giudizio perde anche l’ultimo e, tra spese legali e di giudizio, subisce la beffa di dover pagare una cifra probabilmente superiore a quella che avrebbe potuto recuperare.
I supremi giudici, confermando le precedenti decisioni del tribunale e della Corte d’appello di Roma, con ordinanza n. 21744 dell’8 ottobre 2020 (presidente Antonio Manna, relatore Francesco Buffa),  hanno infatti definitivamente respinto il ricorso dell’ente previdenziale di via Nizza che aveva richiesto con decreto ingiuntivo alla società “Obiettivo Lavoro – Agenzia per il lavoro” il pagamento di circa 22 mila 500 euro a titolo di contributi obbligatori e sanzioni civili relative alla posizione contributiva di una sua dipendente per il rapporto intercorso tra la stessa e la società, con prestazione in favore dell’utilizzatrice Regione Lazio. Per la Suprema Corte, pur essendo stato dimostrato l’effettivo espletamento del lavoro subordinato, non é stata riconosciuta l’attività giornalistica, ma quella di lavoro di assistente amministrativo. (giornalistitalia.it)

LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Corte di Cassazione sezione Lavoro n. 21744 dell’8 ottobre 2020 (presidente Antonio Manna, relatore Francesco Buffa)

ORDINANZA sul ricorso 2814-2015 proposto da:

Inpgi – Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni Amendola”, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cola di Rienzo 69, presso lo studio dell’avvocato Bruno Del Vecchio, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti; – ricorrente –

contro

Obiettivo Lavoro – Agenzia per il Lavoro spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Virgilio, 8, presso lo studio dell’avvocato Andrea Musti, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Andrea Fortunato; – controricorrente –

avverso la sentenza n. 9717/2013 della Corte d’appello di Roma, depositata il 29/01/2014 r.g.n. 3508/2010.

RILEVATO CHE:

1. Con sentenza del 29.1.14, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 15.10.09, che aveva accolto l’opposizione della Obiettivo Lavoro – Agenzia per il lavoro Spa avverso decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato alla società – quale impresa somministratrice – il pagamento in favore dell’Inpgi della somma di oltre 22.416 a titolo di contributi obbligatori e sanzioni civili relative alla posizione contributiva della signora Arianna Luciani per il rapporto intercorso tra la stessa e la società, con prestazione in favore della regione Lazio (utilizzatrice).
2. In particolare, la Corte di Appello ha ritenuto pacifica la natura subordinata del rapporto mentre con riguardo all’oggetto del contratto e alle mansioni le ha ritenute non inerenti ad attività giornalistica, ritenendo insufficiente a tal fine la dichiarazione di inizio praticantato svolta dalla lavoratrice e il provvedimento di iscrizione all’albo dei praticanti giornalisti, e ritenendo che invece la qualificazione dell’attività quale giornalistica doveva derivare da una valutazione della complessiva attività espletata dalla Luciani presso la Regione Lazio. Secondo la corte territoriale, sulla base dei documenti forniti e delle prove orali offerte, detta attività era stata correttamente qualificata ed inquadrata quale lavoro di assistente amministrativo.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’Inpgi per un motivo, cui resiste con controricorso la società.

CONSIDERATO CHE:

4. Con unico motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione dell’articolo 34 della legge 69/63 e dell’articolo 2697 del codice civile, per avere la sentenza impugnata ritenuto privo di rilievo la dichiarazione di inizio pratica giornalistica sottoscritta dal direttore responsabile della testata ove aveva lavorato la Luciani, e per aver negato rilievo alle iscrizione nel registro dei praticanti giornalisti della medesima lavoratrice; si lamenta altresì che la corte ha ritenuto l’Inpgi gravato dall’onere probatorio della dimostrazione dell’attività giornalistica, laddove l’opposto risulta dalla dichiarazione suddetta.
5. Il motivo è infondato. Non sussistono infatti le violazioni di legge dedotte.
6. Non la prima, in quanto la sentenza impugnata non ha escluso la rilevanza della iscrizione all’albo dei praticanti giornalisti e la dichiarazione di inizio pratica, ma ha valutato il complessivo contenuto dell’attività della lavoratrice per accertarne la natura. La corte ha ritenuto altri elementi probatori – contrastanti con tale iscrizione all’albo – come prevalenti e ha quindi valorizzato le ulteriori acquisizioni processuali, ritenendo che l’attività svolta dalla Luciani non fosse connotata dalle caratteristiche tipiche del giornalismo.
7. Non sussiste del pari la violazione delle regole sull’onere della prova, nella specie rispettate; la corte territoriale ha solo valutato – attraverso una complessiva ed equilibrata ponderazione di tutti gli elementi probatori documentali e testimoniali acquisiti al processo – la effettiva natura dell’attività lavorativa svolta, chiarendo che la Luciani non ha svolto, e comunque mai in misura prevalente, attività giornalistica nel periodo in cui è stata assegnata alla Regione Lazio, avendo svolto invece prevalenti mansioni amministrative.
8. Tale valutazione è – in relazione ai principi applicati – conforme ai criteri indicati nella giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto da un lato (Cass. Sez. L, Sentenza n. 11944 del 26/06/2004) che l’obbligo di iscrizione presso l’Inpgi è legato alla prova della natura giornalistica della prestazione lavorativa, e, dall’altro lato (Cass. Sez. L, Sentenza n. 26978 del 22/12/2009) che in caso di mansioni promiscue ai fini dell’inquadramento del rapporto va valutata la prevalenza delle mansioni sul piano qualitativo oltre che quantitativo, sempre che le mansioni non abbiano avuto carattere sporadico ed occasionale.
9. Si tratta di valutazione operata dalla corte territoriale e non censurabile in sede di legittimità, essendo l’esito di un esame del materiale probatorio ed avendo la valutazione del contenuto dell’attività lavorativa natura di accertamento di fatto insuscettibile di essere sindacato in questa sede (Cass. Sez. L, Sentenza n. 13814 del 27/05/2008).
10. Ne deriva il rigetto del ricorso.
11. Le spese seguono la soccombenza.
12. Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della Obiettivo Lavoro Agenzia per il lavoro spa delle spese, che si liquidano in euro 3.500 per competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo Corte di Cassazione unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 7 luglio 2020.

Il Presidente Antonio Manna

 

 

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