ROMA – Anche i giornalisti pensionati di anzianità e prepensionati della Gestione Principale dell’Inpgi potranno cumulare incondizionatamente e senza alcun limite la pensione con i redditi di lavoro allo stesso modo dei loro colleghi titolari di pensioni di vecchiaia. Lo ha deciso definitivamente la Cassazione che ha disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’ente di previdenza, che tuttora prevede che in caso di reddito da lavoro dipendente e autonomo di qualsiasi natura superiore a 22.524 euro la pensione di anzianità, la pensione di vecchiaia ex art. 37 della legge sull’editoria n. 416 del 1981 (prepensionamenti) e la pensione di vecchiaia donne con abbattimento vengano ridotte della metà.
La Sezione Lavoro della Suprema Corte, presieduta da Antonio Manna, con ordinanza n. 21470 del 6 ottobre 2020, ha così definitivamente respinto il ricorso dell’Inpgi confermando il precedente verdetto emesso sei anni fa dalla Corte d’appello di Roma favorevole al giornalista Paolo Torresani che per 8 anni – dal 1982 al 1990 – é stato, tra l’altro, responsabile delle relazioni esterne della Rai, il quale lamentava un’illegittima decurtazione di ben 230.117 euro oltre accessori, operata dall’Inpgi 1 sul suo trattamento pensionistico in godimento in violazione della legge n. 289 del 2002 e della legge n. 133 del 2008.
I supremi giudici scrivono: «Questa Corte (Cassazione Sezione Lavoro, sentenza n. 19573 del 19/07/2019, che ha superato il diverso orientamento di Cassazione n. 8067/16 e n. 12671/16; in precedenza, nel senso di cui appresso anche Cassazione Sezione Lavoro, Sentenza n. 1098 del 26/01/2012) ha già affermato, in tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, che agli iscritti all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (Inpgi) si applica la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’Inps, in quanto l’Inps gestisce, per espresso disposto dell’art. 76 della Iegge n. 388 del 2000, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’Inps, mentre gli artt. 72, comma 1, della legge appena citata, e 44, comma 1, della legge n. 289 del 2002, poi seguiti dall’art. 19 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni con Iegge n. 133 del 2008, parificano il trattamento pensionistico a carico dell’AGO e quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima».
La decisione della Suprema Corte potrebbe avere non solo effetti devastanti sul bilancio dell’Inpgi 1 già in profondo rosso, ma potrebbe, purtroppo, anche condizionare pesantemente le assunzioni di giovani giornalisti perché le aziende editoriali saranno sempre più invogliate ad utilizzare i giornalisti in pensione con contratti di collaborazione autonoma e con versamento dei contributi all’Inpgi 2. All’Inpgi 1, essendo ormai preclusa la via giudiziaria, resta ora solo la possibilità di ottenere dal Governo Conte e dal Parlamento una modifica della legge che gli consenta di disciplinare in maniera speciale e diversa rispetto all’Inps la materia del cumulo tra pensione e redditi di lavoro. (giornalistitalia.it)
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Corte Suprema di Cassazione sezione Lavoro Ordinanza n. 21470 del 6 ottobre 2020 (Presidente Antonio Manna, relatore Francesco Buffa)
ORDINANZA
sul ricorso 3578-2015 proposto da:
I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
TORRESANI PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MANZONI 13, presso lo studio dell’avvocato PIETRO CARATTOLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO CAVACECE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4452/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/09/2014 r.g.n. 5170/2013.
RILEVATO CHE:
1. Con sentenza del 4.9.14, la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del tribunale della stessa sede del 27.7.13, ha rigettato l’opposizione dell’INPGI al decreto ingiuntivo emesso dal tribunale su istanza di Torresani Paolo, con il quale era stato intimato all’Istituto il pagamento della somma complessiva di euro 230.117 oltre accessori, a titolo di illegittime decurtazioni operate dall’istituto sul trattamento pensionistico in godimento dal Torresani; tali trattenute erano state operate in applicazione dell’articolo 15 del regolamento INPGI, che prevede che in caso di reddito lavorativo superiore ad euro 20.000 la pensione di anzianità sia ridotta del 50%.
2. In particolare, la corte territoriale ha ritenuto inapplicabile nella specie la disciplina richiamata dall’Istituto a fondamento delle trattenute, il quanto il fondo sostitutivo è regolato dall’articolo 44, comma 1, della legge 289 del 2002 (che accomuna la disciplina del fondo sostitutivo alla disciplina generale) e non invece dal comma 7 (che riguarda solo gli enti previdenziali privatizzati diversi che gestiscono forme di previdenza sostitutive); sulla base di queste argomentazioni l’art. 15 del regolamento INPGI è stato disapplicato, in quanto illegittimo.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’INPGI per due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’assistito.
CONSIDERATO CHE:
4. Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione e falsa applicazione dell’articolo 44 legge 289 del 2002, dell’articolo 2 del decreto legislativo 509 del 1994, dell’articolo 3 comma 4 dello stesso decreto, dell’articolo 3 comma 12 della legge 335 del 1995 e dell’articolo 15 del regolamento INPGI approvato con decreto ministeriale 24 luglio 1995, per avere la sentenza impugnato trascurato che a seguito della trasformazione dell’INPGI in persona giuridica privata, in forza del decreto 509 del 1994, l’Istituto beneficiava – ex articolo 2 e 3 – del potere regolamentare, che gli consentiva di disciplinare in maniera speciale la materia del cumulo tra pensione di anzianità e redditi di lavoro dipendente; in relazione a ciò, osserva il ricorrente, era riconosciuto all’Istituto il potere di escludere dalla data di entrata in vigore delle richiamate disposizioni l’applicabilità della disciplina legale in materia anticumulo, che restava applicabile soltanto nei confronti delle forme sostitutive pensionistiche non privatizzate.
5. Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione dell’articolo 76 della legge 388 del 2003 e dell’art. 3 comma 4 decreto legislativo 509 del 1994, per avere la sentenza impugnata trascurato che il coordinamento della previdenza INPGI con la disciplina statuale debba essere attuato con la procedura disciplinata dal citato articolo 3, essendo precluso al giudice di estendere l’operatività di una disposizione dettata per gli enti non privatizzati ad un ente privatizzato, ancorché eserciti una forma di tutela sostitutiva del regime obbligatorio per lavoratori dipendenti; secondo l’istituto ricorrente, in ogni caso, la violazione dell’obbligo di coordinamento potrebbe importare una responsabilità risarcitoria dell’ente ma non l’attribuzione diretta della prestazione da parte del giudice.
6. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
7. Questa Corte (Cass. Sez. L, Sentenza n. 19573 del 19/07/2019, Rv. 654499 – 01, che ha superato il diverso orientamento di Cassazione 8067/16 e 12671/16; in precedenza, nel senso eli cui appresso anche Cass. Sez. L, Sentenza n. 1098 del 26/01/2012) ha già affermato, in tema di cumulo tra pensione e redditi da lavoro, che agli iscritti all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) si applica la stessa disciplina prevista per gli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all’INPS, in quanto l’INPGI gestisce, per espresso disposto dell’art. 76 della I. n. 388 del 2000, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall’INPS, mentre gli artt. 72, comma 1, della legge appena citata, e 44, comma 1, della I. n. 289 del 2002, poi seguiti dall’art. 19 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. con I. n. 133 del 2008, parificano il trattamento pensionistico a carico dell’AGO e quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima.
8. Ne consegue, prosegue la richiamata sentenza, che deve essere disapplicato l’art. 15 del Regolamento dell’INPGI, che disciplina la materia del cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico in maniera diversa da quanto previsto nel regime relativo all’AGO.
9. A questo indirizzo il collegio ritiene di dare continuità.
10. Le spese vanno compensate in considerazione della sopravvenienza della richiamata sentenza alla proposizione del ricorso.
11. Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INPGI al pagamento in favore del Torresani delle spese, che si liquidano in euro 7500 per competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella adunanza camerale del 7 luglio 2020.