REGGIO CALABRIA – Amarezza. Tanta amarezza. Sì, devo ammetterlo, la notizia del collega Mario De Michele, direttore del giornale online Campania Notizie, indagato per aver simulato i due attentati subiti il 14 novembre del 2019 e il 4 maggio scorso, mi ha provocato tanta amarezza.
La Dda di Napoli che segue le indagini ha scoperto che quei colpi di pistola contro la sua abitazione li aveva sparati lui. Stessa cosa per l’attentato del 14 novembre dell’anno passato quando denunciò di essere stato inseguito da uomini armati che gli avevano sparato contro mentre si trovava alla periferia di Gricignano di Aversa. Ragione per la quale era stato messo sotto scorta.
De Michele ha ricevuto un avviso di garanzia pochi giorni fa e una perquisizione nella sua casa di Cesa, dove furono esplosi i tre colpi di pistola durante la notte.
I reati contestati dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea sono quelli di calunnia e detenzione di arma da fuoco in concorso con Pasquale Ragozzino, avvocato di Orta di Atella che avrebbe fornito una delle armi.
«Ho commesso gravi errori imperdonabili», ha scritto il direttore di Campania Notizie nel suo ultimo editoriale annunciando «un passo di lato» e lasciando il testimone ad altri suoi colleghi. Ma come si può arrivare a tanto? Come si può cercare di simulare ben due attentati con quelle caratteristiche essendo certi che tutto sarebbe finito nel dimenticatoio e che gli inquirenti sono una massa di “babbi” e non sarebbero riusciti a scoprire la verità?
Eppure, molte cose non tornavano già prima del primo “attentato”: non tornavano i suoi attacchi pesanti contro chi si occupa di costruire anticorpi nel contrasto sociale alla camorra, non tornavano i suoi pezzi contro alcuni colleghi coraggiosi che operano in quella zona. Non tornavano il suo astio e le sue stilettate a chi, nonostante tutto, cercava di resistere e di contrapporsi alla camorra nelle terre di don Peppe Diana. E ci si domanda, allora, come fosse possibile che un giornalista pubblicista potesse prendere quelle posizioni e contrapporsi in quel modo a chi da anni paga sulla sua pelle la voglia di verità: mi riferisco ai colleghi Sandro Ruotolo, Marilena Natale e Rosaria Capacchione.
Diciamocelo: è stata una brutta botta per il nostro mondo, che forse, prima di legittimare comportamenti come quello di De Michele, dovrebbe esercitare un bel po’ di prudenza, analizzare fatti, posizioni e circostanze, perché spesso la voglia di protagonismo fa più danni delle stesse minacce delle mafie. In questo nostro mondo prima o poi i nodi vengono al pettine: una regola dalla quale nessuno può sfuggire.
Certo, mi si può dire, davanti alle pallottole occorre fare muro, evitare sottovalutazioni o isolare qualsiasi cronista senza aspettare nemmeno un attimo. Certo che è così, ma in questo caso anche il più pacato dei cronisti, a causa delle posizioni assunte da De Michele prima dei presunti attentati, sarebbe andato con i piedi di piombo. Ma prima o poi la giustizia arriva ed è implacabile.
A noi spetta adesso l’obbligo di esercitare con maggiore forza l’esercizio della prudenza sperando che non arrivino altre storiacce come quella dell’ex direttore di Campania Notizie, perché sbagliare è umano, perseverare diventerebbe diabolico. E, a chi pensa che vivere sotto scorta possa portare privilegi, dico solo che sono degli stolti perché nulla ti restituirà anni di vita passati blindati attraverso mille rinunce. E, se lo fai, è perché sai di correre un pericolo vero rincorrendo il sogno di liberare le nostre terre dal puzzo delle mafie. (giornalistitalia.it)
Michele Albanese
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