ROMA – «Gentile Presidente, a causa dell’epidemia del nuovo coronavirus stiamo vivendo mesi segnati da una serie di lutti, difficoltà e limitazioni straordinari. Anche l’attività del Parlamento e quella dei giornalisti che ne seguono i lavori sono state coinvolte, trovandosi a dover velocemente riorganizzarsi in modo da evitare il più possibile il contagio».
Inizia così la lettera che i giornalisti della Stampa Parlamentare hanno inviato al presidente della Camera, Roberto Fico, dopo la decisione di sbarrare la porta del Transatlantico agli operatori dell’informazione per permettere la realizzazione di nuove postazioni per i deputati, quali misure anti Covid.
«L’Associazione Stampa parlamentare ha fatto la sua parte, – scrivono i giornalisti – in costante interlocuzione con i vertici politici e amministrativi della Camera. La novità degli ultimi giorni riguarda la decisione, presa dalla conferenza dei Capigruppo, di destinare gli spazi del Transatlantico alla realizzazione di nuove postazioni per i deputati, in modo da completare il plenum d’aula. Ne conseguirebbe che l’accessibilità al salone avrebbe le stesse regole dell’aula vera e propria, dove i giornalisti non possono accedere».
Sta di fatto che «per la prima volta in oltre settant’anni di storia repubblicana, – incalza la Stampa Parlamentare – verrebbe chiuso ai cronisti il luogo per eccellenza di interazione con parlamentari ed esponenti di governo. Si tratta di uno scenario inedito, senza precedenti, che ha inevitabilmente spiazzato e allarmato noi, i nostri soci e i giornalisti in generale, riguardo agli spazi di agibilità professionale e al pieno dispiegamento dell’informazione politico-parlamentare».
«Comprendiamo le ragioni organizzative alla base della scelta della Camera, – proseguono i cronisti parlamentari – ma ci chiediamo se sia possibile un supplemento di riflessione su soluzioni alternative, che pure sono state ipotizzate nelle settimane scorse, in modo da non pregiudicare la storica funzionalità del Transatlantico. È nostro dovere continuare ad adoperarci perché siano garantiti al massimo gli spazi in cui i giornalisti possono svolgere il loro lavoro. Per questo, nel caso in cui la soluzione di utilizzo del Transatlantico divenisse operativa, chiediamo se sia ipotizzabile una chiusura limitata nel corso della giornata e della settimana, in base all’andamento dei lavori d’aula».
Ad ogni modo, «la nostra richiesta – avanzano i giornalisti dell’Asp – è che sia pienamente assicurata la possibilità di accedere in tutti gli altri spazi, a partire dal cortile centrale e dai due corridoi laterali di accesso allo stesso Transatlantico, che pure non compenserebbero, in termini di superficie a disposizione, quella del salone in oggetto. Si tratterebbe, come abbiamo detto, di una dislocazione inedita e limitante. Per questo riteniamo vada considerata strettamente temporanea, agganciata all’andamento della situazione di emergenza sanitaria. La nostra proposta, nel caso, è di fissare un primo termine che non vada
oltre la pausa estiva dei lavori, entro il quale ragionare assieme della situazione e riconsiderare il permanere delle esigenze sanitarie e logistiche. Purtroppo, in Italia spesso non c’è niente di più definitivo del provvisorio. Una prospettiva che in questo ambito, e per i valori in gioco, non possiamo certo permetterci». (giornalistitalia.it)