RIAD (Arabia Saudita) – Cinque persone sono state condannate a morte in Arabia Saudita per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre dello scorso anno all’interno del consolato di Riad a Istanbul, in Turchia. Lo riferisce la procura saudita, spiegando che altre tre persone sono state condannate a 24 anni di carcere per aver cercato di “insabbiare il crimine”.
Il procuratore della Repubblica saudita, Shalaan al-Shalaan, ha precisato che sarà possibile ricorrere in appello. In base a quanto prevede la legge saudita, le identità delle persone condannate a morte non sono state svelate e non lo saranno fino a quando la sentenza non diventerà definitiva. La legge saudita prevede che le condanne a morte debbano essere confermate in appello e dalla Corte Suprema.
Quella che ha portato alla morte di Khashoggi, il cui corpo non è mai stato ritrovato, è stata definita dalla procura saudita come una “operazione canaglia”.
Il processo si è svolto a porte chiuse e, secondo Human Rights Watch, non ha soddisfatto gli standard internazionali.
La procura di Riad ha poi disposto il rilascio del consigliere del principe ereditario saudita Mohammed bin Salmam, Saud al-Qahtani, che resta però indagato per l’omicidio. Considerato il suo braccio destro, al-Qahtani non è, dunque, incriminato.
Secondo l’indagine indipendente condotta da Agnes Callamard, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni stragiudiziali, c’erano “prove credibili” di un ruolo attivo del principe e di al-Qahtani nell’assassinio.
La procura ha, inoltre, stabilito che il console generale saudita a Istanbul al momento dell’omicidio, Mohammed al-Otaibi, non ha alcuna responsabilità nell’assassinio, secondo quanto ha riferito la televisione di Stato saudita, precisando che il diplomatico è stato scarcerato dopo la sentenza. (adnkronos)
La legge saudita consente di non svelare i nomi. Rilasciato il braccio destro del principe