CAGLIARI – Sono bastate poche settimane al pubblico ministero della Procura di Cagliari, Giangiacomo Pilia, per formulare al gip la richiesta di rinvio a giudizio per 19 persone indagate nel crac del Gruppo Editoriale Epolis e in quello della società Publiepolis, la concessionaria pubblicitaria su cui si appoggiavano i giornali aperti in varie regioni italiane.
Dopo la chiusura dell’inchiesta preliminare, arrivata un mese dopo gli arresti da parte della Guardia di finanza, su ordine del gip, dei dirigenti societari Alberto Rigotti (64 anni di Milano), Sara Cipollini (42 anni di Milano) e Vincenzo Maria Greco (69 anni di Roma), ora la Procura del capoluogo sardo ha deciso di chiedere il giudizio anche per gli altri indagati per bancarotta.
Spicca, tra gli altri, il primo editore e fondatore del gruppo free-press Nicola Grauso (65 anni, cagliaritano ma residente a Roma). Chiesto, dunque, il rinvio a giudizio anche per Francesco Ruscigno (55 anni di Aversa), Alessandro Valentino (42 anni di Barletta), Carlo Momigliano (61 anni di Milano), Franco Manconi (68 anni di Cagliari), Giuseppe Virga (66 anni di Roma), Mauro Marciano (57 anni di Roma), Stefano Gobbi (47 anni di Roma), Francesco Raia (66 anni di Iglesias), Michela Veronica Crescenti (45 anni di Ospedaletto), John Gaethe Visendi (50 anni di Milano), Anna Abbatecola (48 anni di Calvenzano), le sorelle Rosalba e Rosanna Chielli 53 e 43 anni di Prato), Claudio Noziglia (61 anni di Milano) e Luisella Garau (71 anni di Villanovafranca, amministratore unco di Epolis dal 2005 al 2007).
“In questo processo, come invece ho fatto in tutti quelli affrontati negli ultimi 20 anni, non intendo difendermi”. L’editore Nicky Grauso commenta, così, la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla procura nei suoi confronti.
“La mia gestione del gruppo Epolis – spiega Grauso – cessò a metà del 2007. Contestualmente al subentro del Gruppo Rigotti (acquirente di Epolis) la società fu posta in perfetto equilibrio economico e finanziario. Da quel momento in poi nulla ho avuto più a che fare con la amministrazione o le scelte della Epolis. Nessuna responsabilità può essermi attribuita per la gestione, dal 2007 in poi, che condusse alla crisi della società. Comprese spese per palestre, auto e amenità varie. Di tutto ciò la procura era stata compiutamente da me informata. il coinvolgimento del mio nome addirittura ai primi posti della classifica dei responsabili ancora giova a carriere e vanità di uomini altrimenti destinati al pallore di esistenze anonime”. (Ansa).