LORETO (Ancona) – Arte nell’arte: fino all’8 settembre, nelle Cantine del Bramante di Loreto, a fianco della Basilica, c’è una mostra da vedere con gli occhi dell’anima. Che poi sono quelli che “Gamberini da Pesaro”, come lo ha immortalato Dario Fo sottolineandone la vocazione da artista quale “scopritore di immagini stupefacenti”, usa per scattare le sue fotografie in giro per il mondo.
Ai piedi della Santa Casa, la personale del fotografo pesarese s’intitola – e non è un caso – “I colori della vita”. Un’antologia di alcune delle più belle opere di Adriano Gamberini, curata da Vito Punzi e realizzata grazie al sostegno dell’assessorato alla Cultura della Regione Marche e della Delegazione pontificia Santa Casa di Loreto (la mostra è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, ingresso gratuito).
«È la semplicità del quotidiano a catturare la mia attenzione – rivela candidamente Gamberini –, è la ricerca della spiritualità a guidarmi, sono gli sguardi muti delle persone, sguardi che parlano più delle parole. Poi mi lascio stordire dai colori e rapire dalle ombre, dal bagliore delle luci».
Colori, sguardi, gesti, prima e più che i paesaggi, di bambini, donne e uomini che, nella maggior parte dei casi, appartengono a mondi lontani. Catturati come d’incanto dall’obiettivo del fotoreporter, che ha saputo trasformare una passione, quella per la fotografia, in un’arte apprezzata a livello internazionale (suoi scatti sono finiti sulle pagine del National Geographic, Gente Viaggi, Dove, Bell’Italia e una delle sue foto è diventata l’immagine simbolo di Amnesty International nel 2014, complici gli occhi struggenti della giovane etiope immortalata).
«Mi lascio stordire dal colore», confessa, appunto, Gamberini, che nei suoi viaggi avventurosi in Pakistan, Namibia, India, Etiopia, Ecuador, Iran, Yemen, Cina, Colombia, Stati Uniti, ha affinato la capacità straordinaria di cogliere l’attimo, come nel caso delle tre donne ecuadoregne che, bardate di nero e di cappello, camminano – e pure alla svelta – costeggiando un muro su cui campeggia il disegno cubitale di tre donne che sembrano la loro puntuale fotocopia. Incredibile. «E in effetti c’è chi non ci crede – rivela a Giornalisti Italia Adriano Gamberini – e mi spinge ad ammettere l’utilizzo di qualche filtro o di un ritocco a posteriori, per non parlare della messa in posa. Cose che, ci tengo a ribadirlo, non ho mai fatto. Non mi appartengono, per natura. Del resto, come potrei mai convincere, nel lampo di un istante, una bambina che sbuca all’improvviso da una duna, correndo, in Colombia o il ragazzino che insegue una ruota in Cina, mentre il signore affacciato alla finestra legge e ride?».
In effetti, il segreto – l’unico, a volerne trovare, nella maestria di Gamberini da Pesaro – sta proprio qui. Nell’abilità di cogliere l’attimo. Catturare uno sguardo. Un gesto. Un colore, molto spesso un tripudio di gialli, azzurri, rossi, verdi che, dalle vesti di donne lontane – ma solo per distanza geografica e cultura – o dai paesaggi che incorniciano i tanti volti “rubati” dal Madagascar al Nepal, vanno a dare forma alle fotografie di un artista senza confini.
Sono, insomma, i colori della vita quelli immortalati – senza preparare luci, né tantomeno il set – da Adriano Gamberini che ci ha dimostrato, in tanti anni di “lavoro” appassionato, di possedere una capacità innata di scattare fotografie che svelano l’interiorità altrui, quasi ne catturano l’anima.
D’altronde «è ciò che intravedo negli occhi della donna, dell’uomo o del bambino, che mi trovo per caso ad incrociare, – sottolinea il maestro pesarese – a conquistarmi. A farmi quasi inchiodare, nel tentativo di fermare l’attimo, di rendere eterno quel loro sguardo o quell’espressione irripetibile». Perché, se è vero che “per lui la fotografia non è solo arte, è scienza”, è altrettanto vero che “Gamberini da Pesaro è qualcosa in più di un fotografo”. Parola di Nobel. (Nicoletta Giorgetti – giornalistitalia.it)