ROMA – Il Tar del Lazio dà ragione alla Rai e all’Ordine dei giornalisti del Lazio costituitisi in giudizio nel ricorso fatto da alcuni giornalisti “idonei” al concorso Rai del 2014-2015 contro la decisione della Rai di negare l’accesso agli atti inerenti il contratto e la posizione di Iman Sabbah e di altri due giornalisti stranieri, Salah Ben Brahim Methnani e Zouhir Louassini.
Sabbah, in particolare, è stata assunta in Rai come redattore, successivamente promossa a caposervizio, nominata corrispondente da Parigi e proposta poi per la nomina a vice direttore di Rai Parlamento. Una proposta che poi non si è tradotta in nomina a seguito delle polemiche scatenate dal fatto che non risultava iscritta all’Albo dei giornalisti come professionista ma solo all’Elenco speciale dell’Ordine dei giornalisti del Lazio riservato agli stranieri.
Il punto, però, per i ricorrenti “idonei” al concorso non era la nomina di Sabbah a vicedirettore, ma la sussistenza stessa del rapporto di lavoro giornalistico di Sabbah con la Rai. E questo, come si legge nella sentenza, al fine di “ottenere la risoluzione del rapporto instaurato con la giornalista in assenza del titolo; il recupero del versamento dei contributi versati all’Inpgi in assenza dei presupposti di legge per la corretta assunzione e svolgimento del rapporto di lavoro giornalistico; l’avvio dell’audit interno al fine di individuare i responsabili delle proposte e dell’assunzione, delle promozioni e degli incarichi in assenza dei requisiti di legge; la reintegrazione dell’organico giornalistico aziendale.
Ora, però, il ricorso nato per contrastare la scelta della Rai di negare l’accesso agli atti è stato dichiarato “inammissibile” dal Tar del Lazio che ha anche condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio nella misura di circa 1000 euro (oltre Iva, epa e oneri di legge) in favore della Rai e altrettanti in favore del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio.
Alla base della decisione del Tar una valutazione ben precisa che riguarda i ricorrenti che, secondo il Tribunale, non risultato titolari di una posizione giuridica qualificata per la loro richiesta: l’accesso alla documentazione inerente l’assunzione di Iman Sabbah, secondo il Tar, non recherebbe, infatti, alcuna utilità concreta alle loro posizioni giuridiche.
In definitiva, secondo il Tar del Lazio i ricorrenti non sono portatori di un interesse diretto, concreto e attuale all’accesso degli atti richiesti, non potendo trarre alcun vantaggio dalla conoscenza degli stessi. E questo, fra le altre cose, perché “a prescindere dalla validità della graduatoria del concorso alla quale gli astanti hanno partecipato, l’art. 1, comma 1096 della Legge 27.12.2017 n. 205, individua solo una astratta possibilità (e non un obbligo come asserito dai ricorrenti) per la Rai di procedere ad immissioni in organico di figure al livello retributivo più basso, attingendo al personale idoneo inserito nelle graduatorie 2013 e 2015 di giornalisti professionisti riconosciuti idonei, in un quadro di ampia discrezionalità per l’Ente radiotelevisivo”.
Questo perché “anche nell’ipotesi in cui la Rai dovesse interrompere il proprio rapporto di lavoro” con Iman Sabbah, “tale situazione – del tutto ipotetica – non potrebbe comportare in modo automatico la necessità ovvero l’obbligo per il medesimo Ente di ripianare l’eventuale scopertura di organico.
L’assunzione di nuovo personale giornalistico, infatti, è connesso alle esigenze delle testate giornalistiche, che possono vagliarle con ampia discrezionalità, prescindendo dalla mera cessazione del rapporto di lavoro con un giornalista”.
E ancora, perché anche nell’ipotesi in cui la Rai dovesse procedere alla sostituzione della Sabbah con altro giornalista, “l’Ente radiotelevisivo non sarebbe, comunque, obbligato ad utilizzare le ‘graduatorie’ formate all’esito della selezione effettuata nel 2014/2015, anche alla stregua delle previsioni contrattuali (collettive e regolamentari) menzionate dalla Rai nella propria memoria di costituzione”. (adnkronos)