Il Governo ignora che lo Stato non ha versato un solo centesimo per i giornalisti

Ma il Governo ha capito cos’è l’Inpgi ?

Giuseppe Conte (Presidente del Consiglio) e Laura Castelli (viceministro all’Economia)

ROMA – Ma il Governo ha capito che la previdenza dei giornalisti non è mai stata a carico dello Stato? E, soprattutto, che il peso degli ammortizzatori sociali, ovvero dei contratti di solidarietà e della cassa integrazione, non è mai gravato sui contribuenti, ma esclusivamente sull’Inpgi, ovvero dagli stessi giornalisti? Se l’avesse capito, avrebbe certamente compreso che il bilancio dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani è negativo – è vero – a causa del “sorpasso” delle prestazioni erogate sulle entrate contributive, ma l’attuale rosso in bilancio è frutto degli stati di crisi pagati dall’Inpgi alle aziende. Anche a quelle che, più che preoccuparsi della sorte dei giornalisti, hanno pensato a strizzare l’occhio a chi oggi sale in cattedra pensando di sapere tutto, quando invece non sa niente o, peggio, sa tutto e, colpevolmente, agisce fingendo di non sapere.
Certo, il serio rischio di aver imboccato la strada del non ritorno imponeva, da tempo, un ripensamento sull’uso degli ammortizzatori sociali, che vanno difesi a spada tratta, ma devono necessariamente tornare ad assumere la loro funzione originaria e non fare da anticamera al licenziamento o alla chiusura dell’impresa. È su questo tema che il Governo deve impegnarsi. Sul destinare risorse alle aziende sane e serie che rispettano quanti, in una Repubblica democratica fondata sul lavoro, sono quotidianamente impegnati a garantire la libertà di stampa, ma soprattutto il diritto dei cittadini ad essere informati.
La premessa era necessaria per introdurre quanto avvenuto oggi con il via libera dalle commissioni Finanze e Bilancio della Camera dei deputati alla proposta dei relatori che riscrive la norma del decreto legge Crescita sull’Inpgi. È stata, infatti, approvata la sospensione del commissariamento dell’istituto fino al 31 ottobre (e non più fino al 31 dicembre), contrariamente a quanto era stato deciso ieri dopo l’ennesima correzione  del testo.
“Per la Ragioneria – ha dichiarato il viceministro all’Economia, Laura Castelli (M5s) – è troppo rischioso arrivare fino a dicembre, se nel frattempo le cose non dovessero andare. È un rischio che momentaneamente non ci sentiamo di correre”. Parliamo, naturalmente, di un ministro grillino, ovvero del movimento che spinge per il commissariamento,  secondo il quale  “probabilmente non sarà l’ultima norma da fare su questo tema” che riguarda “non solo la platea, ma la tenuta della cassa”.
Con la modifica, infatti, viene anche proposto un accantonamento finanziario dal 2023 che agisce “da copertura come clausola di garanzia sull’invarianza di gettito contributivo e sugli oneri per prestazioni nel caso di passaggio di categorie di professionisti diversi dai giornalisti dall’Inps all’Inpgi, garantendo la neutralità in termini di indebitamento netto e di fabbisogno (159 milioni nel 2023, 163 nel 2024, 167 nel 2025, 171 nel 2026, 175 nel 2027, 179 nel 2028, 183 nel 2029, 187 nel 2030 e 191 a decorrere dal 2031)”.
Il provvedimento era approdato ieri nell’Aula di Montecitorio, ma i lavori erano stati sospesi al termine della discussione generale perché la maggioranza aveva chiesto tempo per valutare il rinvio nelle commissioni per alcune modifiche. (giornalistitalia.it)

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