Al Rotary Valsesia: il reportage di un testimone da "dietro le linee nemiche"

Tony Capuozzo e il conflitto dei Balcani

 

Tony Capuozzo con Paolo Piana di Vallemosso e Paolo Cattaneo di Novara

BORGOSESIA (Vercelli) – Un reportage dietro l’altro, per documentare le guerre di mezzo mondo. Al Rotary club Valsesia, Tony Capuozzo, firma prestigiosa della tv e volto arcinoto dei canali Mediaset, sceglie di raccontare quella dei Balcani e del tremendo assedio di Sarajevo.
Un conflitto spaventoso e, a suo modo, speciale. “Gli altri scontri bellici che ho conosciuto si svolgevano lontano e i tanti chilometri di distanza che ci separano da loro fanno da schermo ai sentimenti. Le persone hanno volti diversi dai nostri e i paesaggi sono differenti. Assistere a gente che si ammazza è, comunque, terribile, ma almeno una ragione attenua l’angoscia: che questi episodi accadono a casa d’altri”. La guerra dei Balcani no.

Un racconto a fumetti

Per Capuozzo, il conflitto che ha straziato serbi, croati e bosniaci è avvenuto nel profondo dell’anima “Quelli sono stati dei combattimenti accaduti nel cortile che stava dirimpetto. Così vicini che si potevano toccare. Quella era una guerra in casa nostra”. Spiega: lui, figlio di un maresciallo dei carabinieri napoletano e di una triestina, ha vissuto infanzia e gioventù in Friuli, a cavallo del confine con la Jugoslavia che, come tutti i confini, è separazione ma anche luogo di passaggio. “Per noi – avverte – quelle terre comuniste e, quindi, abbastanza nemiche erano la ‘jugo’”. Confidenziale e, quasi, amichevole. “Si andava a comprare la carne che era più buona e costava meno. La benzina puzzava, ma con i soldi di un pieno a Trieste se ne facevano quasi tre oltre confine”.
Che la gente di quelle regioni che, per decenni, avevano potuto convivere (sembrava pacificamente) hanno cominciato a spararsi addosso. E lo hanno fatto con una ferocia senza tentennamenti. “Difficile da capire e impossibile stabilire chi avesse cominciato. Alla domanda su chi avesse esploso il primo colpo, un ufficiale dell’Onu ha risposto che il primo colpo lo avevano sparato 350 anni prima”. Come dire che la storia non lascia scampo.

Una lezione per gli studenti

Capuozzo ha firmato una dozzina di libri per raccontare la vita del giornalista al fronte e le vicende del mondo alle quali ha assistito. Interessanti: “Le guerre spiegate ai ragazzi” (Mondadori) e “La culla del terrore (SignBooks) realizzato a fumetti con i disegni di Armando Miron Polacco.
Rivolgendosi ai rotariani della Valsesia, Capuozzo si aiuta proiettando un suo documentario (girato con l’operatore Igor). Si tratta di dar conto con le immagini di numeri impressionanti: quattro anni di scontri armati,12 mila morti, 50 mila feriti e 150 mila profughi. Però sono i piccoli e addirittura i piccolissimi episodi a spiegare il conflitto. Nella terra dove la pazzia la faceva da padrona. Il manicomio sembrava l’unico posto sano perché serbi, croati, bosniaci e mussulmani pur soffrendo vivevano in pace. O la storia d’amore di una ragazza cattolica e un giovane musulmano finita nel sangue sul ponte che avrebbe dovuto portali alla libertà. O, ancora, un padre obbligato ad abbandonare la sua casa che disseppellisce il figlio ucciso per portarselo con sé.
Il ricordo più tragico? “5 febbraio 1994, quando hanno bombardato il mercato facendo una strage di sessantotto vittime. L’ospedale, quel giorno, sembrava un girone infernale perché arrivavano feriti gravi, ma non c’era possibilità di curarli. Niente garze, niente disinfettanti, niente anestetici. Niente di niente”. (giornalistitalia.it)

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