Tre ex direttori indignati (Macaluso, Colombo, Caldarola) e Vittorio Feltri se la ride

Belpietro firma l’Unità, l’ultimo regalo di Renzi

Da Antonio Gramsci ad Enrico Berlinguer a … Maurizio Belpietro

ROMA – Tre ex direttori de l’Unità, Emanuele Macaluso, Furio Colombo e Giuseppe Caldarola, indignati dalla firma di Maurizio Belpietro quale direttore responsabile del numero speciale dell’ex organo ufficiale del Partito Comunista Italiano in edicola oggi, ed il solito Vittorio Feltri dispiaciuto che non sia toccato a lui: «Se me lo avessero chiesto, l’avrei fatto anch’io… Chiudere i giornali non mi piace, mi interessa casomai aprirli».

Matteo Renzi

La scelta di Guido Stefanelli di far firmare il quotidiano fondato da Antonio Gramsci a Belpietro, un risultato l’ha comunque ottenuto: sollevare un polverone, ma soprattutto far riflettere la Sinistra sul grave errore commesso nel lasciarsi sfuggire un simbolo importante, patrimonio della storia italiana.
«Il giornalaio del quartiere di Roma, dove da anni compro i quotidiani, – commenta Emanuele Macaluso – mi ha detto oggi che era arrivata anche l’Unità. La testata, infatti, è quella che conosciamo e amiamo. Compreso la scritta: “fondato da Antonio Gramsci”. Ho preso il giornale e ho letto: direttore responsabile Maurizio Belpietro. Ho pensato di sbagliarmi e ho riletto bene: sì, Belpietro, il giornalista di estrema destra. Il quale, al Corriere della Sera ha detto che il proprietario della testata, il costruttore Massimo Pessina, ha chiesto a lui, che dirige già il giornale La Verità, di firmare anche l’Unità. Una vergogna senza limiti. È l’ultimo regalo che ci fa Renzi il quale consegnò la testata ai costruttori Pessina e Stefanelli i quali, comprando l’Unità, pensavano anche di fare qualche affaccio”.

Emanuele Macaluso

“Le cose – sottolinea Macaluso, che ha diretto il giornale dal 1982 al 1986, sono andate come sappiamo: gli affari non sono andati più bene e l’Unità venne chiusa, ma la testata restò in mano loro. Amici di Renzi ma anche di Belpietro. Al quale hanno affidato il numero speciale di oggi. Come sfregio. Non solo ai vecchi redattori, agli affezionati lettori, ma alla sinistra tutta e a chi comunque ha un minimo di onestà e dignità nel valutare cosa succede nel mondo politico e giornalistico del nostro Paese. Uno sfregio, ho scritto. Anche a me che de l’Unità, quella vera, sono stato direttore”.
Furio Colombo, che il giornale l’ha diretto dal 2001 al 2005, gli fa eco dichiarando all’Adnkronos che «Maurizio Belpietro ha fatto il suo mestiere con le sue idee, invece gli editori hanno voluto sfregiare l’Unità» con questa scelta di affidare per un giorno la direzione a Belpietro per evitare la soppressione della testata. «Belpietro – sottolinea Colombo –  è un giornalista italiano di qualità, che è sempre andato per la sua strada ma di cui non condivido il pensiero e sul quale non ho nulla da dire».

Furio Colombo

«Non è compito mio dare pagelle a Belpietro. Si è ritagliato – osserva Colombo – uno spazio molto “angolato” che posso non avere condiviso ma che ho sempre ascoltato e rispettato. Invece, trovo un gesto non necessario di maleducazione nei confronti della tradizione dell’Unità, della sua storia quasi centenaria e del modo in cui ha segnato e ha raccontato la vita del nostro Paese.
La decisione di affidarla per un giorno a Belpietro – aggiunge Colombo – mi è sembrata una mancanza di rispetto, non per il fatto che sia stato scelto Belpietro piuttosto che un docente universitario, ma per il fatto che sia stato fatto deliberatamente in modo irrispettoso e sgarbato verso i giornalisti e i lettori. Gli attuali proprietari hanno deliberatamente voluto farsi 4 risate su ciò che è stata l’Unità nella storia del giornalismo e della cultura. Purtroppo, l’Unità è finita in mano a gente incapace di sapere e di capire il valore di ciò che possiede».
«Mi ha fatto una pessima impressione vedere l’Unità firmata da Maurizio Belpietro», afferma Giuseppe Caldarola, direttore del giornale dal 1996 al 1998 e dal 1999 al 2000.

Giuseppe Caldarola

«L’editore – denuncia Caldarola – ha voluto dare un cazzotto in faccia a chi ci ha lavorato e alla storia del giornale. Avrebbe, infatti, potuto chiedere a qualsiasi giornalista ex Unità o comunque di centro sinistra, di firmare senza pretese il numero in edicola per consentire alla testata di continuare a vivere. Per cui la scelta di Belpietro non è di generosità o perché non si trovato nessun altro. Altro c’era: io stesso lo avrei fatto volentieri, senza chiedere nulla e me ne sarei andato il giorno dopo, gratis. Invece si sono volute fare due cose: primo, uno sfregio. Si prende il giornalista più bravo e più aggressivo della destra e lo si mette a dirigere il giornale più rappresentativo della sinistra, per dare un ceffone. In secondo luogo, dato che sappiamo che Maurizio Belpietro, oltre a essere un brillante giornalista ha intrapreso una altrettanto brillante carriera di editore, forse non è un azzardo pensare che voglia lui rilevare la testata, diventandone l’editore. Io non discuto la persona, rispetto le idee di Belpietro, ma le mie idee sono diametralmente opposte alle sue. Il tentativo di mescolare due mondo così lontani, di accaparrarsi la casa di altri, è indecente»

Vittorio Feltri

«I giornali – ricorda Caldarola – hanno una loro storia e in particolare l’Unità. Ci sono stati direttori più legati al Pci, come me; o direttori che quella storia l’hanno negata e parlo di quelli legati a Matteo Renzi. Però non si può mettere l’Unità nelle mani di un “avversario” politico. Infine vorrei dire una cosa proprio su Renzi, che ha scelto questo gruppo editoriale, perché gli ha consentito di fare dell’Unità il suo house organ, mentre c’erano altri gruppi che avrebbero potuto fare dignitosamente un giornale di sinistra senza snaturarlo. Mi riferisco alla proposta di Michele Santoro. Insomma, si è voluto dare un cazzotto in faccia, una lezione esemplare a tutti quanti noi. Ma siccome io non sono uno a cui piace porgere l’altra guancia, prima o poi ammollerò un ceffone pure io…”.
Chi se la ride è, invece, Vittorio Feltri che con il suo solito humour, provocatorio e irriverente, cerca di giustificare la scelta come un mero fatto tecnico: «Se me lo avessero chiesto, l’avrei fatto anch’io… Chiudere i giornali non mi piace, mi interessa casomai aprirli», ha dichiarato all’Adnkronos. «Altro che provocazione, non ci vedo nulla di stravagante: pur di non far scadere il diritto di pubblicazione dell’Unità, Belpietro ha accettato la proposta che gli è stata avanzata. Che lui abbia accettato, è un bel gesto. Bisognerebbe solo spiegare che si tratta di un fatto tecnico, a beneficio del salvataggio di una testata che è giusto che sopravviva». (giornalistitalia.it)

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