Un’inchiesta lunga dodici anni e il sequestro preventivo della testata “100Nove”

Enzo Basso scandaglia “Il caso Ciancio”

ROMA – È in libreria “Il caso Ciancio” di Enzo Basso, noto giornalista siciliano, già caposervizio del Giornale di Sicilia, poi fondatore e ultimo direttore del settimanale “100Nove”. Ed è proprio da qui che Basso comincia la dipanare la fitta matassa di un caso doloroso e inquietante: il 30 ottobre 2017, la Procura di Messina, sequestra il settimanale “100Nove”.
“Il caso Ciancio” (pagine 162, euro 10) Enzo Basso lo dedica «ad Attilio Raimondi garante del lettore di Centonove. E a Gino Mauro. Che mai avrebbe previsto tutto questo».

Enzo Basso

Cessano, dunque, dopo 25 anni, le pubblicazioni di una testata che ha gettato un sasso nel torpore delle cronache siciliane e che si è distinta negli anni per le inchieste politico-giudiziarie dal “caso Messina” al “caso Montante”. Quasi un anno dopo, alla fine del settembre 2018, viene sottoposto a sequestro giudiziario finalizzato alla confisca, l’impero editoriale di Mario Ciancio, l’ex presidente della Fieg, la federazione degli editori italiani, che controlla “La Sicilia” di Catania, “La Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari, e ha partecipazioni societarie negli altri due quotidiani siciliani, “ Giornale di Sicilia” e “Gazzetta del Sud”. L’editoria del meridione è sotto scacco.
«Partendo da questo ultimo evento, – spiega Enzo Basso – ho ripercorso le tappe dell’indagine a carico del più importante editore del Sud accusato di concorso esterno alla mafia. Un’inchiesta lunga dodici anni, rinviata dalla Cassazione al Tribunale di Catania, dopo un curioso ping pong di provvedimenti giudiziari che annullano e fanno riaprire indagini su un fronte lungo mezzo secolo. Un braccio di ferro dentro la magistratura che ho indagato nei vari aspetti penali, sociali, economici ed antropologici per approdare ad una riflessione finale: il processo ed editori storici va tenuto in un tribunale “ neutro”, come si fa già con i magistrati».
«A goderne – incalza il giornalista – è la certezza del diritto. Un appello in questo senso è rivolto al Presidente della Repubblica perché nella qualità di capo del Csm, il Consiglio superiore della magistratura, intervenga per ridare serenità ad un rapporto incrinato tra stampa e giudici».
Il controllo inaugurato dalla magistratura di Messina con il sequestro preventivo della testata “100Nove”, indubbiamente un fatto traumatico che ha determinato la chiusura del settimanale d’inchiesta siciliano, «mette a nudo – conclude Basso – l’incapacità dello Stato ad amministrare le iniziative editoriali e pone una pesante ipoteca non solo alla libertà di stampa ma anche al rispetto dovuto all’art.21 della Costituzione che tutela la libertà di espressione, principio cardine alla base delle società democratiche». (giornalistitalia.it)

 

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