Fuori anche dal decreto Crescita, si punta all’emendamento in sede di conversione

Comunicatori all’Inpgi, una storia infinita

Da sinistra: Massimo Garavaglia e Claudio Durigon

ROMA – Il “pacchetto Casse previdenziali privatizzate” è rimasto fuori dal decreto Crescita n. 34 del 30 aprile 2019 che, pertanto, non comprende la norma che autorizza il trasferimento all’Inpgi dei 13 mila 900 comunicatori professionali e di quanti lavorano per l’informazione nella Pubblica amministrazione attualmente iscritti all’Inps. La notizia è divenuta ora ufficiale con la pubblicazione, nella tarda serata di ieri, del decreto legge sulla Gazzetta Ufficiale n. 100.
Nonostante le settimane di confronto tecnico-politico che gli sono state dedicate, con incontri più o meno ufficiali nelle sedi interessate, il decreto “salva Inpgi” rimane, dunque, ancora al palo.

Pierluigi Roesler Franz

Il Governo, come riporta Davide Colombo sul quotidiano il Sole 24 Ore, si appresterebbe comunque ad un rientro con un proprio emendamento al disegno di legge di conversione. L’emendamento prevederebbe il trasferimento alla Gestione Principale dell’Inpgi 1, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, dei 13 mila 900 comunicatori professionali e di chi lavora per l’informazione nella Pubblica amministrazione che oggi sono iscritti all’Inps.
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon (Lega), ha infatti dichiarato al Sole 24 Ore  che con il collega Massimo Garavaglia si farà promotore del recupero delle norme in sede parlamentare perché “la norma per l’Inpgi serve non solo a evitare il commissariamento dell’Istituto, ma anche a dargli una prospettiva concreta”.
Secondo Alberto Oliveti, presidente dell’Adepp, finanziare nuove prestazioni di welfare in questa fase risponde, inoltre, a “un’esigenza strategica, utile per ripristinare un patto generazionale tra i professionisti: «Serve più formazione, più assistenza alla genitorialità, polizze sanitarie, più sostegno long term care». E le risorse che verrebbero liberate «non intaccano le riserve legali, che oggi garantiscono l’equilibrio tecnico dei nostri bilanci a 30 anni». Insomma un’operazione «più che sostenibile per un sistema di enti autonomi che ogni anno gira allo Stato mezzo miliardo di fiscalità».

Giuseppe Conte

Il testo integrale dei 51 articoli del Decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (“Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”) è entrato in vigore oggi, il 1° maggio 2019, dopo la firma apposta ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di stabilire misure per la crescita economica; considerata, inoltre, la straordinaria necessità ed urgenza di prevedere misure per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi; viste le deliberazioni del Consiglio dei ministri, adottate nelle riunioni del 4 aprile e 23 aprile 2019; sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico”.
Non si può, tuttavia, fare a meno di sottolineare che tra la prima riunione del Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi e l’entrata in vigore del decreto legge siano trascorsi ben 27 giorni, un vero record negativo per varare norme di “straordinaria necessità ed urgenza”. Ma, proprio in considerazione del lungo tempo trascorso, é stato davvero rispettato da parte del Governo Conte l’articolo 77 della Costituzione? (giornalistitalia.it)

 

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