ROMA – “Sarà il mio impegno cercare di garantire una certezza nel tempo: se dovremo prevedere un taglio o uno spostamento di fondi, tutto sarà fatto in tempi tali da permettere al settore industriale di adeguarsi. Non ci saranno tagli o riforme dall’oggi all’indomani. Non vorrei seguire l’esempio del Governo precedente con le agenzie di stampa che, dall’oggi al domani, con direttive e altre norme, che sono state impugnate, hanno creato tutto il caso che oggi c’è sull’assegnazione alle agenzie di stampa”.
Ad affermarlo, nel corso della sua audizione in Commissione Cultura della Camera, è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria, Vito Crimi sottolineando che proprio ieri “abbiamo firmato l’ultimo contratto dell’ultimo lotto rimasto in piedi, ancora da assegnare, con Askanews, dopo tutte le vicende giudiziarie che ci sono state”.
Crimi sottolinea, quindi, la necessità di “dare certezze nel tempo” in modo da permettere al settore di adeguarsi: “questo – spiega – vuol dire che al più presto possibile dobbiamo intervenire nei vari settori dando certezza di quando ciò avverrà, e con una certa gradualità. Porto l’esempio del taglio del finanziamento ai partiti, che è avvenuto nell’arco di 3 anni: prima un taglio del 30%, poi del 50% e infine del 100% delle risorse”.
Insomma per Crimi è importante “consentire al settore di adeguarsi, accompagnando eventuali crisi industriali che si potrebbero verificare”.
Crimi nel corso della sua audizione ha ricordato che dal 2003 a oggi al settore dell’editoria “sono stati andati esclusivamente nella direzione degli editori e non verso il sistema editoriale nel suo complesso circa 3,5 miliardi di euro”. Questo modello “non funziona, non ha funzionato e non può continuare a funzionare”, spiega ancora il sottosegretario all’Editoria sottolineando che spesso gli editori “non hanno saputo cogliere un mondo che cambiava, in trasformazione”: oggi pertanto, rileva Crimi, “c’è una crisi dell’informazione di qualità, quella che avviene attraverso i giornalisti”. (Un’affermazione che contrasta con la minaccia di abolire l’Ordine dei giornalisti annunciata, sempre oggi, dallo stesso Crimi – ndr)
L’esempio più classico di questa crisi dell’informazione di qualità, spiega ancora Crimi, “è la notizia di un taglio dei fondi al pluralismo, notizia data da un grande giornale, ma che non trovava riscontro in nessun atto di legge. Quindi, di fatto, se quella notizia ha creato dei problemi al settore dell’editoria, prima che uscisse il decreto Dignità nella sua versione definitiva, la responsabilità va cercata in chi ha dato una notizia priva di fondamento”.
Per Crimi il sostegno all’editoria locale, che “è una palestra molto spesso per i giovani giornalisti che così fanno esperienza, non va abbandonato” anche se vanno affrontati i tempi e le modalità. Oggi, spiega, “la maggior parte dei fondi diretti all’editoria sono piccoli importi erogati a realtà locali, spesso di tipo cooperativo, che danno lavoro a molti giornalisti, che sono spesso una palestra per i giornalisti giovani, da cui magari poi attingono i grandi giornali per trovare dei talenti: questo sicuramente non va abbandonato, delle forme e delle modalità si può parlare”. I giornali di partito, come anche i partiti, sottolinea Crimi, “oggi non fruiscono di alcun contributo pubblico: idem, i giornali di partito continueranno a non fruirne, questo mi sembra abbastanza pacifico”.
Per Crimi, invece, “sicuramente grida vendetta il fatto che solo circa 5 giornali nazionali, tra circa 78-80 prodotti editoriali a livello nazionale, si trovino a drenare il 30% delle risorse”: “creano una distorsione del mercato nazionale e una concorrenza rispetto ad altri quotidiani che non fruiscono di contributi diretti. Drenano una quantità di risorse che, invece, potrebbero essere destinate meglio alla stampa locale che è vicina alle comunità”.
I contributi indiretti all’editoria, rileva ancora Crimi, “comprendono anche, ad esempio, il rimborso delle spese telefoniche. È un altro contributo che se andiamo a quantificare rappresenta cifre enormi. Quali altre aziende hanno ricevuto questo tipo di contributo? era comprensibile in un epoca in cui i giornali avevano bisogno di una comunicazione istantanea e continua con telefoni e fax ma oggi tutto questo è superato con internet e la digitalizzazione. Ora possiamo dire che questi fondi per il rimborso telefonico è forse obsoleto? Come ipotesi di lavoro per la Commissione sarebbe molto bello se quei rimborsi telefonici venissero destinati, magari, a contribuire alla domanda, alla richiesta di abbonamenti digitali”.
Il sottosegretario all’Editoria annuncia che, per i primi di settembre, ha l’intenzione di aprire dei tavoli di confronto con tutti i soggetti interessati su tre temi: uno sul giornalismo, uno sulla Siae e sul diritto d’autore, “che non è una cosa di competenza esclusiva del Mibact, e uno sulla filiera dell’editoria nel suo complesso che è un settore che va rivisto”. (adnkronos)
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