MILANO – Le “escort” svolgono un’attività che, anche se “scelta deliberatamente e liberamente”, si pone “in contrasto con la tutela della dignità della persona umana”, protetta dalla normativa che punisce la “agevolazione della prostituzione”. È con queste motivazioni che la Corte d’Appello di Milano, nel processo d’appello “bis” a carico di Emilio Fede e Nicole Minetti per il caso Ruby bis, con al centro il favoreggiamento della prostituzione “in favore di Berlusconi” per le serate del “bunga-bunga” ad Arcore, hanno deciso di respingere la questione di illegittimità costituzionale della legge Merlin posta dalla difese. Una questione accolta, invece, dai giudici di Bari nel caso Tarantini.
Lo scorso 7 maggio, infatti, sono arrivate a Milano le condanne, seppur con lievi riduzioni delle pene, per l’ex consigliere lombarda (difesa dai legali Pantano e Righi) e per l’ex direttore del Tg4 (difeso dai legali Paniz e Pino). Un abbassamento di due mesi per l’ex showgirl, da tre anni a 2 anni e 10 mesi, e di tre mesi, da 4 anni e 10 mesi a 4 anni e 7 mesi, per il giornalista.
Le difese, tuttavia, avevano provato a giocare anche la carta dell’incostituzionalità della legge Merlin che punisce l’agevolazione della prostituzione di donne che “volontariamente e liberamente” hanno scelto “di offrire il proprio corpo in cambio di denaro o altre utilità”.
A febbraio a Bari, infatti, la Corte d’Appello ha deciso di trasmettere gli atti alla Consulta nel processo sulle “escort” portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze dell’ex premier, spiegando che il favoreggiamento “non solo non arreca alcuna lesione” alla “libertà autodeterminativa, ma addirittura ne facilita l’attuazione”. I colleghi di Milano, invece, pur prendendo atto del “fatto nuovo” che è l’ordinanza pugliese, citano giurisprudenza della Cassazione e bocciano “in toto” quella linea.
Per i giudici Caroselli-Pirola-Lai, l’attività delle escort, anche se “liberamente scelta, non può essere ritenuta una forma di espressione della libertà della persona”, anche perché, secondo la Costituzione, “l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da arrecare danno alla dignità umana”.
Tra l’altro, sempre per il collegio milanese, “il contratto con la prostituta è nullo avendo causa illecita in quanto contraria al buon costume”. Alla luce di questo quadro, quindi, anche chi agevola la libera “scelta” di prostituzione delle escort lede “la dignità della persona”.
In più, motivano i giudici, “anche una escort, già orientata alla scelta di concedersi sessualmente nell’ottica di uno scambio contrattuale, può determinarsi a compiere o meno uno specifico atto prostitutivo in ragione della presenza di condizioni più o meno favorevoli”. Lo dimostra proprio il caso Ruby, perché la “messa a disposizione” – per le ragazze che frequentavano le serate di villa San Martino, ormai otto anni fa – “degli appartamenti siti in via Olgettina”, a Milano, può aver inciso “sulla loro scelta di protrarre anche nel tempo l’attività prostituiva”, rendendola più “stabile e continuativa” (ansa)
I giudici “Prostituzione in contrasto con la tutela della dignità della persona umana”