MILANO – «Un appello alle istituzioni e al Governo che verrà” è stato lanciato dal segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, in occasione della manifestazione nazionale organizzata a Milano. “Sottoponiamo e sottoporremo al Governo – ha dichiarato Lorusso – le criticità del settore dell’editoria: una normativa antitrust non al passo con i tempi, il tema mai risolto dei conflitti di interessi, il tema della raccolta pubblicitaria (mai affrontato in questo Paese) e il ruolo del ‘over the top’. Chi fa profitti utilizzando informazione professionale deve pagare le tasse come tutti gli altri».
Il segretario generale della Fnsi ha ricordato anche il problema delle minacce ai cronisti, le cosiddette “querele bavaglio”, sollecitando «la riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa. Temi sui quali non ci fermeremo, come non ci fermeremo nella lotta per il lavoro regolare. Le redazioni si svuotano, il modello che vogliono gli editori è fatto di pochi redattori in redazione e di tanti collaboratori senza garanzie né tutele fuori dalle redazioni. Un modello da contrastare in ogni sede».
“Occorre ridare – ha detto ancora Lorusso – centralità al lavoro, perché il tema del lavoro è scomparso dall’agenda politica. Bisogna includere per ridurre le diseguaglianze. Lo scorso governo ha messo in campo tra il 2014 e il 2018 ben 188 milioni di euro, andati a finanziare pensionamenti anticipati che hanno consentito alle imprese di distruggere occupazione senza crearne di nuova. Nulla è stato fatto per sostenere il lavoro».
Il segretario della Fnsi ha, quindi, ricordato la recente sottoscrizione del contratto nazionale Fnsi-Uspi, la dichiarazione congiunta firmata con l’Aran, che «dopo 18 anni apre la strada alla contrattazione per gli uffici stampa nella pubblica amministrazione», e “la necessità di intavolare il confronto con gli editori anche sul lavoro autonomo. Hanno ragione – ha evidenziato – quegli editori che dicono che serve più qualità nell’informazione. Il problema è che abbiamo visioni divergenti sulle terapie da adottare. Non si può pretendere informazione di qualità se i giornalisti non sono pagati in maniera equa e sono privi di diritti, tutele e garanzie. Dobbiamo mettere in campo la nostra capacità di mobilitazione nel confronto con gli editori, ma anche nei confronti del Governo. Dobbiamo riscoprire una dimensione collettiva per affrontare le grandi questioni e le crisi quotidiane. Pur nella difficoltà del momento, in cui a qualcuno farebbe comodo avere cittadini meno informati e dunque più influenzabili, è nostro dovere alzare la voce con le istituzioni e nei confronti di chi è tenuto ad adottare i provvedimenti che chiediamo. Perché l’assalto alla professione giornalistica è un assalto alla democrazia rappresentativa. Noi siamo la libera stampa: non possiamo lasciare soli i cittadini». (giornalistitalia.it)