ROMA – Passo dopo passo, nonostante i 40 anni appena trascorsi alla vicenda Moro si aggiungono pezzi di verità a quello che negli anni è diventato un vero e proprio giallo, in cui entrano e escono personaggi nuovi, si moltiplicano le prigioni del leader della Dc, si trovano nuove testimonianze e documenti. Una ricerca – quella dei pezzi di verità mancanti – che vede al lavoro anche Paolo Cucchiarelli, giornalista investigativo, autore de “L’ultima notte di Aldo Moro”, (Ponte alle Grazie. pagine 439, euro 18), appena arrivato sugli scaffali delle librerie. Che dà il suo contributo, raccontando un finale ben diverso da quanto reso noto, per l’omicidio politico più clamoroso della Repubblica: con Moro alla fine ucciso, ma da chi lo doveva portare in salvo.
“Non c’era finora un’inchiesta – spiega Cucchiarelli all’Adnkronos – che per Moro rispondesse alle 5 w classiche del giornalismo . Ora c’è, perché il caso Moro non è un mistero ma un segreto su cui si fonda una intera era politica che si è chiusa nel 1992, ma i cui strascichi durano ancora oggi”.
Un libro che punta decisamente a cambiare, in particolare, la fine della storia, il chi è stato, il dove, il come, il quando e, alla fine, anche il perché Moro è morto: “Nel mio volume – aggiunge l’autore – sostengo che l’epilogo, l’uccisione di Moro, non avvenne a via Montalcini 8, come raccontato dai brigatisti”.
“Una vicenda in cui – ecco i personaggi che entrano in ballo dopo 40 anni – non ci sarebbero solo i nomi di Moretti, Gallinari e Maccari, gli autori ufficiali dell’esecuzione dello statista che voleva il compromesso storico. Entrano sulla scena gli uomini che hanno Moro in mano, i suoi carnefici”: “Sono Giustino De Vuono e Tony Chicchiarelli, due esponenti della criminalità cui le Br hanno “ceduto” Moro per la riconsegna, dopo la trattativa che sembrava andata a buon fine”. “Il prigioniero – racconta Cucchiarelli – viene portato nel garage di uno stabile vicino corso Vittorio Emanuele II, in via dei Banchi Vecchi. Lì è l’appuntamento con coloro ai quali doveva essere consegnato. Ma non si presenta nessuno. Probabilmente gli americani non vogliono che Moro sopravviva e hanno fatto in modo di bloccare l’operazione”.
Nella narrazione di Cucchiarelli proprio De Vuono, ex legionario, prende in mano un’arma e, spinto dalla necessità di non essere arrestato con Moro vivo in mano, gli spara mentre il presidente della Dc è seduto sul sedile posteriore della macchina, la R4 rossa, che verrà poi portata a via Caetani.
Una ricostruzione, con la “scoperta” del garage di via dei Banchi Vecchi, che Cucchiarelli basa, tra l’altro, su tre testimonianze convergenti, quella dello storico dei servizi Peppino De Lutiis, che fu informato dal Prefetto ed ex capo della Polizia Vincenzo Parisi, quella dell’ex venerabile maestro della P2 Licio Gelli e quella di una fonte qualificata e autorevole (denominata “Contessa”) che ha lavorato per i servizi americani e israeliani, che nel 2014, in punto di morte, ne parlò ad un ufficiale di Polizia giudiziaria che lavorava per la Commissione Moro.
“Il vero problema e il libro lo dimostra a piene mani è la ragione di Stato che grava ancora oggi sulla lettura dei fatti. La prova? La seconda commissione parlamentare di inchiesta sul caso, ha fatto calare un segreto sulla presenza Usa nella vicenda che durerà tra i 30 e i 50 anni”. Conclude Cucchiarelli: “Siamo di fronte a un assurdo politico, ma anche alla riprova di quello che l’inchiesta che ho condotto dimostra con tanto di nomi e cognomi”. (adnkronos)