ROMA – I romani sembrano armati di tanta, troppa santa pazienza. Al confronto Giobbe era un intollerante; il “quousque tandem abutere patientia nostra” di Cicerone nei confronti di Catilina era in giochetto delle parti. Ormai da anni sopportano l’insopportabile dei disagi, della invisibilità quotidiana, del declino urbano, dei tanti mali che affliggono una città precipitata agli ultimi posti delle classifiche internazionali del degrado.
La causa di ogni guaio non sta solo nelle responsabilità politiche dell’amministratore di turno e nella sua incapacità di stare al passo con i bisogni dei cittadini. Non da oggi il Campidoglio ha innalzato la bandiera bianca dell’impotenza.
Se gli osannati Rutelli e Veltroni avessero il coraggio di parlare fuori dei denti senza giri di parole, intorno alle cause del dissesto romano, si scoperchierebbe il vaso di Pandora.
Quando nel 1993 crollò la prima Repubblica, lo tsunami travolse i vecchi partiti e la classe dirigente di allora, producendo uno sconquasso istituzionale e organizzativo dentro gli storici monumenti delle amministrazioni locali.
La spesa pubblica divenne allegra finanza fuori controllo e i debiti, specie nel colosso municipale romano, salirono alle stelle. La burocrazia colse la palla al volo dei cambiamenti politici di rotta e prese le redini della macchina operativa, preoccupandosi di scaricare nelle mani di terzi esterni i propri compiti: servizi, lavori, opere pubbliche una volta assolti e realizzati in casa propria e poi polverizzati extramoenia nella fallimentare e bancarottiera operazione delle società partecipate; una nebulosa di controllate che si occupano di tutto e di niente dilapidando centinaia di milioni, e di cui la Sindaca Raggi non riesce a liberarsi nonostante le buone intenzioni e che, perciò, restano una palla al piede con alla testa Atac trasporti e Ama rifiuti.
Il risultato è sotto gli occhi dei romani e non solo loro. Il flop dell’ordinaria amministrazione, diventata straordinaria, emergenza quotidiana e che richiederebbe interventi strutturali dai costi miliardari.
Ormai bastano due fiocchi di neve, una pioggia battente di qualche ora per mettere la città in ginocchio. La stragrande maggioranza del sistema viario è ridotta a una groviera a nostro rischio e pericolo. Il 93% dei 6mila chilometri di strade pare bombardato, ha almeno una buca, in 300, compresa la tangenziale est già semiparalizzata da una marzolina voragine, rischiano la chiusura per ragioni di sicurezza.
Con il maltempo, i fossi diventano crateri, fenomeni carsici che attentano all’incolumità della gente, mietono vittime tra i motociclisti, inghiottiscono veicoli, distruggono ruote e cerchioni delle auto, decimano i bus del trasporto pubblico già malridotto e con le corse spesso dimezzate. Quattro palate di bitume sparso alla meglio, magari schiacciato con i piedi, diventano rimedi peggiori del male. Toppe e rattoppi si sciolgono come neve al sole e il suolo sprofonda.
Per risanare gli asfalti occorrerebbero 300milioni, mentre, allo stato dell’arte, ne sono disponibili 20, del tutto insufficienti. Cinquemila romani, fuori dalla grazia di Dio, hanno osato intentare causa per danni al Comune, sfidando il caro costo e i tempi biblici dell’azione giudiziaria. Almeno Rutelli da Sindaco si era inventato, anche se senza successo, un fondo rimborsi buche e una macchina tappabuchi da raccontafavole per i più piccini. Comunque, i lavori malfatti e carichi di tangenti degli anni scorsi sono finiti sotto inchiesta della magistratura e della Corte dei conti e i colpevoli sono stati presi.
Ancora 20 giorni dopo i 20cm di nevicata del 26 febbraio, la maggior parte dei parchi e delle ville storiche era sbarrata al pubblico, devastata sotto il peso della strage di alberi e dell’invasione di tronchi abbandonati nelle aiuole e nei viali.
Roma è tra le metropoli più verdi d’Europa con 44milioni di metri quadrati di terreno a prati e giardini, e con 330mila alberi, dei quali, purtroppo, 82mila sono stati dichiarati pericolanti da un recente monitoraggio. Ridotti a quattro comparse i gloriosi giardinieri comunali, cancellata la scuola di giardinaggio più famosa d’Italia, ed emergenze nevose a parte, i parchi pubblici, lasciati nella incuria, sono diventati giungle impraticabili e a rischio stupri e aggressioni, con piante inselvatichite, con fioriere distrutte, e con invasioni di mosche e zanzare. Non ci sono soldi per appaltare le pulizie, e la tuttofare società partecipata “Roma multiservizi spa” è in via di smobilitazione.
La cattiva gestione della manutenzione, ridotta a fantasma e incalzata dall’affanno della perenne emergenza, e i cronici disservizi dei trasporti e della raccolta dei rifiuti affondano Roma sempre più giù nella classifica della qualità della vita redatta ultimamente dal Sole 24 Ore. Dal 13esimo posto di 2 anni è precipitata al 24esimo.
Per salvare una salassata e agonizzante Roma, insomma, ci vorrebbero un miracolo del cielo o il pronto soccorso di Aladino con la sua lampada, oppure l’arrivo di uno straricco mandarino cinese o di un nababbo arabo del petrolio. (giornalistitalia.it)
Romano Bartoloni